La maledizione del Faraone
Al nome Tutankhamon è legata la più favolosa scoperta d’Egitto. La sua tomba fu infatti ritrovata intatta da Howard Carter nel 1922. Le immagini del favoloso tesoro e la leggenda della maledizione del faraone fecero il giro del mondo. La morte di Tutankhamon è avvolta nel mistero. La sua prematura scomparsa è, per molti, la dimostrazione che il giovane faraone fu assassinato. Alcuni esami effettuati sul cranio di Tutankhamon hanno rivelato la presenza di un buco probabilmente provocato da un corpo estraneo. La calcificazione di tale buco conferma ulteriormente questa teoria. Tutankhamon sarebbe dunque stato ucciso forse perché aveva deciso di seguire le orme del suo predecessore Akhenaton? Ma da chi? I maggiori indiziati, secondo gli studiosi, sono Ay, suo successore al trono, e Horemheb, successore di Ay e potente capo militare. Oltre ai misteri legati alla morte di Tutankhamon, ve ne sono altri riguardanti la sua tomba: come fu possibile allestire in così breve tempo una tomba di così grande splendore?
Un’ipotesi molto interessante viene promossa da Nicholas Reeves. Egli sostiene che fu il nuovo faraone Ay ad occuparsi, come di rito, della degna sepoltura del suo predecessore. I nove anni di regno non furono sufficenti a preparare una tomba nuova, per cui Ay decise di adattarne una a Tutankhamon. Le ricerche di Reeves indicano nelle tombe di Akhenaton e Nefertiti quelle più indicate ad ospitare il corpo di Tutankhamon. I tesori di queste due tombe vennero perciò trasportati in quella di Tutankhamon. Nella tomba del giovane faraone vennero infatti rinvenute statuette dai lineamenti prettamente femminili e incisioni cancellate e adattate al nome di Tutankhamon. La famosa maschera d’oro, ad un attento esame, presenta una spaccatura tra il volto e il copricapo. Questo, sempre secondo Reeves, dimostrerebbe che la maschera sarebbe stata originariamente quella di Akhenaton a cui sarebbe stato rimosso il volto in modo da applicare quello di Tutankhamon. In questo modo Nicholas Reeves spiegherebbe come fu stato possibile allestire la tomba del faraone nell’arco dei 70 giorni necessari alla mummificazione del corpo.
Quando nel 1922 Howard Carter, accompagnato da Lord Carnarvon (il finanziatore degli scavi), entrò nella tomba del faraone, oltre a vedere “cose meravigliose”, notò anche altri curiosi particolari. Trovò una tavoletta su cui era impressa una maledizione: “La morte colpirà con le sue ali chiunque disturberà il sonno del faraone”. Ma non è tutto. In un angolo della camera funeraria, trovò un altro piccolo sarcofago, nel quale rinvenne un’altra mummia, ma molto più piccola di quella del giovane Tutankhamon. Poteva essere la mummia del figlio morto precocemente? Sta di fatto che, pur essendo una mummia molto piccola, gli arti di questa erano completamente sviluppati. Ma allora, se non si trattava della mummia del figlio del faraone, di cosa si trattava? Carter fece appena in tempo a fotografare tali reperti, perché durante il trasporto verso il museo del Cairo, sia la tavoletta che la piccola mummia scomparvero per sempre. Ci sono persone ancor aggi che credono che quella mummia fosse stata quella di un alieno, lo stesso essere extraterrestre già adorato da Akhenaton, il dio per cui questo faraone, pochi anni prima, aveva sconvolto la sfera religiosa egiziana, sostituendo al politeismo, un enoteismo in cui il dio Aton (il disco solare) doveva essere l’unico dio. Comunque sia, la maledizione colpì davvero molti che avevano lavorato allo scavo di questa tomba (la 62 della Valle dei Re). Lord Carnarvon fu uno dei primi a morire. Quando morì, andò via la luce in tutto il Cairo e a Londra, in quello stesso istante, morì anche il suo cane. Pochi istanti dopo, morì anche il suo segretario in circostanze misteriose. Si cercò di dare una spiegazione scientifica a questa “maledizione”, già anticipata nel 1949 dallo scienziato Louis Bulgarini.
Studiosi odierni, partendo da questa sua ipotesi, sostengono che gli egizi usarono per i pavimenti e le mura delle tombe, rocce contenenti uranio. All’interno di sette antichi monumenti sono state trovate tracce di radon, un gas radioattivo incolore e inodore che si forma in seguito al decadimento dell’uranio. La concentrazione di tale gas era trenta volte superiore alla soglia di attenzione (mentre la soglia limite è di 200 becquerel, la concentrazione nelle tombe è di 816/5809 becquerel). Tale concentrazione porta vari malesseri ma soprattutto al rapido sviluppo di tumore ai polmoni.
Si pensa che nella tomba del Re bambino chiusa da 3000 anni la concentrazione fosse ancora più alta. Ma è anche vero che Howard Carter, l’archeologo che per primo avrebbe dovuto morire, visse invece diversi anni più del suo finanziatore. Morì solo di recente e per vecchiaia, come se la maledizione non l’avesse nemmeno sfiorato. Il mistero della maledizione del faraone rimane così ancora un mistero.
Strane Sparizioni, Strane Comparse
Jean-Francois de Galaup, conte di La Pérouse salpò da Brest, un porto francese nel 1785. Il suo viaggio sarebbe dovuto durare quattro anni e nel 1789 le sue due navi avrebbero dovuto arrivare a destinazione nell’Oceano Pacifico, attraversando l’Atlantico. Furono avvistate per l’ultima volta mentre erano dirette a nord-est dell’Australia, poi però svanirono nel nulla senza lasciare la minima traccia e con loro, i quattrocento uomini dell’equipaggio. Non furono mai più ritrovati. Come è possibile ciò? Come possono due navi scomparire senza lasciare alcuna traccia? Eppure, non è un caso unico. Anzi, nella storia dell’umanità, sono molti i casi di sparizioni anomale, e non interessano solo navi, ma anche persone, aerei, a volte intere squadriglie d’aerei, tesori, intere città e perfino interi eserciti. Che fine fece la colonia inglese dell’isola di Roanoke, fondata nel 1587 da Sir Walter Raleigh? Scomparve nell’arco di tre anni lasciando solo qualche lieve traccia, eppure era abitata da oltre cento coloni. Un altro caso di scomparsa misteriosa è quella relativa al musicista Glenn Miller. Fu ritenuto disperso verso la fine della Seconda Guerra Mondiale mentre dall’Inghilterra si recava in Francia per lavoro su un piccolo aereoplano, ma di fatto, di quell’aereo non fu trovata alcuna traccia.
Il quadrato magico del “SATOR”
In diverse città d’Italia è stato ritrovato l’enigmatico “quadrato magico” del “Sator”, cui struttura polindromica ha fatto impazzire chi di volta in volta si è cimentato nel capirci qualcosa. Il quadrato ha la particolarità di essere formato da parole che si incastrano l’una all’altra in modo da poter essere lette sia da destra che da sinistra, dall’alto o dal basso, sempre allo stesso modo. Ne esistono esemplari in quadrati ma anche in cerchi concentrici. Ne è stato anche trovato uno tra le rovine di Pompei. La leggenda dice: “Colui che risolverà il mistero del quadrato magico diventerà il padrone del mondo”. Certi studiosi collegano il quadrato magico all’ordine Templare, ma altri obiettano, insistendo sul fatto che dev’essere più antico (visto che già esisteva al tempo in cui Pompei fu sommersa dalle ceneri del Vesuvio). Altri vi leggerebbero all’interno delle parole latine di significato cristiano (Paternoster. Oppure la frase: Sator opera tenet, cioè, il seminatore possiede le opere, ovvero Dio è il Signore del creato).
LISTA DEI QUADRATI MAGICI D’ITALIA – Esiste un quadrato magico in ognuna di queste città italiane:
– Pescarolo e Uniti (CR), Pieve Terzagni;
– Collepardo (FR), nella farmacia della Certosa;
– Bolzano, Castel Mareccio;
– Sermoneta (LT), Abbazia di Valvisciolo;
– Verona, Palazzo Benciolini;
– Capestrano (AQ), Chiesa di S.Pietro ad Oratorium;
– Siena, Duomo di S.Maria Assunta;
– Magliano de’Marsi (AQ), Chiesa di S.Lucia;
– Urbino (PS), Canavaccio, Chiesa di S.Andrea in Primicilio;
– S.Felice del Molise (CB), Chiesa di S.Maria Ester di Costantinopoli;
– Marischio, nella piccola chiesa di Santa Maria Plebis Flexiae, nei pressi di Fabriano (AN);
– Pompei (NA), Casa di P.Paquio Proculo;
– Ascoli Satriano (FG), sulla Cattedrale.
La Storia di Faust e del suo patto con Mefistofele
“Storia del dottor Johann Faust, ben noto mago e negromante, di come si è promesso al diavolo per un determinato periodo della sua vita, di quali straordinarie avventure egli fu protagonista o testimone, fino al momento in cui ricevette la ben meritata mercede. … un esempio orrendo per tutti i superbi, i saccenti e gli empi, un esempio disgustoso oltre che amichevole ammonimento … Siate sottomessi a Dio, combattete il diavolo, cosicché egli fugga da voi.”
“Quando fu giorno si recarono nella stanza dove era stato il dottor Faust. Trovarono tutta la stanza imbrattata di sangue, il cervello era spiaccicato alla parete poiché il diavolo lo aveva sbattuto da una parete all’altra, vi erano pure i suoi occhi e molti denti sparsi qua e là, lo spettacolo era tremendo e pauroso. Trovarono infine il suo corpo fuori accanto al concime, orribilmente sfigurato, con la testa e le membra ciondolanti”. (da: “Storia del dottor Johann Faust”, 1587)
La terribile “Historia Doctoris Johannis Fausten” pubblicata a Francoforte dall’editore Spies in forma di libro popolare nell’anno del Signore 1587 rispecchia e sintetizza una serie di leggende preesistenti in terra germanica: la Historia narra di un mago di nome Faust, dalla nascita fino alla morte, passando per lo scellerato patto con il diavolo, vera e propria koinè della cultura di lingua tedesca.
Il mago, negromante, alchimista, di cui si narrano le vicende nel Volksbuch, racchiude in sé molti dei tratti comuni a diverse figure storiche realmente esistite: dal medico austriaco Paracelo al Conte di Cagliostro, facendo però esplicito riferimento alla figura di un certo Johannes Faust (che si autoproclama Sabellicus nei suoi scritti), vissuto tra Heidelberg e la Foresta nera nel XV secolo, le cui vicende erano già testimoniate da precedenti testi tedeschi a partire dall’inizio del XVI secolo. Alcune fonti parlano di un mago di nome Georg, altri di Johannes Faust. Alcuni storici arrivano supporre la coesistenza di due maghi diversi, poi sintetizzati in un’unica figura. Altra teoria è quella che fossero due cugini che si spostavano da una città all’altra, da un’università all’altra predicendo il futuro e compiendo mirabilia.
Alcuni documenti del municipio di Ingolstadt citano un tal Johannes Faust nato a Heidelberg, altre fonti lo vogliono di Württemberg nato attorno al 1480. “Quell’uomo, del quale tu mi scrivi, che ebbe la sfrontatezza di definirsi principe dei negromanti, è un vagabondo, chiacchierone e giramondo, degno di essere frustato” (Dalla lettera di un abate, 1507).
Georg (o Johann) Faust nasce nel 1480 a Knittlingen (Württemberg). Fa il maestro di scuola girando per tutta la Germania. Dopo fa il mago, forse anche il medico e il barbiere (che nel ‘500 era spesso la stessa persona che, in caso di necessità, faceva anche il dentista) e il consigliere di varie corti. Viaggia sempre e opera incantesimi. Più volte viene cacciato via da una città perché accusato di sodomia, pedofilia o di aver portato male a qualcuno. Ricorre spesso a soprannomi per mascherare le precipitose partenze oppure la presenza stessa in una città dove aveva commesso qualche misfatto. Si dice che a Krakau insegnava la magia. Già quando era ancora in vita cominciarono a formarsi le leggende più avventurose intorno a lui ed è difficile separare verità e invenzioni. Faust muore attorno al 1540 a Staufen (Breisgäu). Non sono dei ritratti molto lusinghieri che le fonti dell’epoca tracciano del personaggio storico di Faust.
In verità, di lui si sa poco di sicuro.
Faust avrebbe comunque – per la maggior parte dei biografi – studiato magia a Cracovia, dove poi la insegnò pubblicamente (in odore d’eresia..), morendo nel 1540 in una notte di tempesta, trasportato con tutto il corpo all’inferno da Mefistofele, il demone con cui 24 anni prima aveva stretto un patto dannato.
La leggenda di Faust giunge quasi immediatamente oltre Manica, fino a Christopher Marlowe. Di tale leggenda si occupa anche il genio di William Shakespeare. L’altro autore europeo che sarà segnato irrimediabilmente dal mito di Faust è Johann Wolfgang von Goethe (1749/1832). Nel poema in due parti su Faust, Goethe ha fuso le testimonianze sulla vita del Dottor Faust, tramandate in un libro popolare del XVI secolo, con il motivo del patto col diavolo diffuso nel medioevo. Negli anni tra il 1773 e il 1775, l’autore ne redige una prima stesura, detta Urfaust (Faust originario); il mago scienziato del Volksbuch viene trasformato in una personalità geniale e titanica che anela alla realizzazione piena e totale della vita e dei sensi. Due sono i nuclei tematici: il vecchio Faust che, insoddisfatto delle proprie conoscenze e della propria vita, stringe il patto con il diavolo, che lo ringiovanisce, e la tragica vicenda amorosa di Gretchen, la semplice fanciulla del popolo, sedotta e resa madre dal protagonista. Durante il viaggio in Italia, Goethe riprende in mano il romanzo, per pubblicarlo nel 1790 con il titolo Faust, ein Fragment (Faust, un frammento). Solo nel 1808 apparirà la versione definitiva di Faust. Der Tragödie erster Teil (Faust. Prima parte della tragedia), dove la vicenda di Gretchen si amplia maggiormente.
Il Faust è l’opera più famosa di Goethe ed era anche l’opera della sua vita: dai primi frammenti al termine della seconda parte dell’opera passarono 60 anni, in cui si susseguono varie versioni, anni di febbrile lavoro e decenni di interruzioni, in cui Goethe ha altri progetti. Faust è uno scienziato, insoddisfatto dei limiti del sapere umano che vende l’anima al diavolo per avere in cambio tutto quello che vuole, amore, gioventù e conoscenza dei segreti della vita. Ma Goethe non vede in Faust il grande peccatore come lo voleva la tradizione popolare. Per lui è giusto che l’uomo tenda sempre più ad elevarsi.
Goethe conobbe Faust per la prima volta in uno dei tanti spettacoli popolari di attori viaggianti che rappresentarono queste storie fantastiche nelle piazze. E così “lo spaccone degno di essere frustato” del ‘500 entrò nella grande letteratura.
Ma l’uomo di quell’epoca doveva capire che uno come Faust che vendeva la sua anima al diavolo per avere in cambio conoscenze, oltre che una bella vita, doveva fare la fine più crudele e sanguinosa che si potesse immaginare. L’uomo non doveva voler superare i limiti dello stretto mondo medievale. Le prime storie di Faust erano di chiara ispirazione religiosa, dovevano mettere in guardia il lettore: attenzione, il diavolo che ti tenta è sempre in agguato! Il libro ebbe un enorme successo, successivamente uscirono sempre nuovi libri con “nuove storie” del dottor Faust, era una specie di “telenovelas” del ‘500. Divenne per due secoli uno dei miti popolari più diffusi e amati.
Quello che affascinava erano piuttosto le infinite possibilità che si aprono quando, con questo patto, si va oltre i limiti intellettuali e fisici dell’uomo. Il problema che si ponevano tutti, anzi che spesso sta al centro del mito del Faust, è questo: è bene o male se l’uomo vuole più dalla vita di quello che gli dà la natura. Per Goethe, che voleva penetrare tutto con la luce della ragione, quest’aspirazione dell’uomo a voler andare continuamente oltre i propri limiti non poteva che essere positiva.