Chi era Silvia Browne, la medium che ha sbagliato anche sulla propria morte

Il 20 novembre scorso Silvia Browne, sedicente veggente e medium nonché acclarata celebrità televisiva americana è morta a 77 anni all’ospedale Good Samaritan di San Josè, California. In Italia, con soli (per ora) 10 libri tradotti il suo nome ai più dice poco, ma in patria quasi 60 libri, alcuni dei quali best-seller, e soprattutto le sue regolari apparizioni televisive, molte volte a fianco dell’icona del giornalismo statunitense Larry King, hanno fatto di lei una vip, nel mondo dei medium e non solo.

In cinquant’anni di attività la Browne ha elargito previsioni sulla vita politica e mondana del paese, ma si è fatta strada soprattutto per la dichiarata abilità di diagnosticare malattie e di poter aiutare la polizia e le famiglie nei più vari casi irrisolti. Le imprese della Browne non potevano che attirare l’attenzione della comunità scettica, e in particolare di James Randi, illusionista e indiscusso re degli sbufalatori, che le offrì più volte di partecipare alla One Million Dollar Paranormal Challenge, il premio di un milione di dollari istituito da Randi nel 1996 (e mai vinto) per chiunque riesca a provare in condizioni controllate l’esistenza di un fenomeno paranormale.

Il poteri di Sylvia Browne si riducono infatti in due parole: cold reading, cioè lettura a freddo, un termine ombrello che racchiude diversi trucchi tipici del mentalismo. Negli spettacoli i mentalisti si esibiscono spesso in queste letture dando l’illusione di possedere poteri paranormali. Per mentalisti e medium, l’essenza del cold reading è manipolare lo spettatore (o la vittima) portandolo a condividere informazioni. “Chi è Marco? Qualcuno sta pensando a una persona di nome Marco, o Giovanni, si può alzare in piedi per favore?”

L’amico o parente di Marco (o Giovanni) che si sente più coinvolto si alzerà in piedi e sempre per tentativi ed errori, interpretando anche il linguaggio del corpo, verrà elaborata qualche narrazione plausibile di vita vissuta, il che rispecchia quello che ogni giorno fanno gli astrologi (o i loro ghostwriter) creando gli oroscopi: grazie all’ effetto Forer (o Barnum) nel giusto contesto siamo disposti a credere che un’affermazione in realtà molto vaga ci sia cucita addosso.

A volte al cold reading è affiancato l’ hot reading, lettura a caldo, nella quale l’artista o il cosiddetto veggente si procura qualche informazione sul soggetto prima di esibirsi, magari raccolte da un complice in incognito durante quelle che sembrano banali chiacchiere prima dello show, come raccontato in questo filmato che smaschera la collega Rosemary Altea, molto nota anche da noi grazie alle ripetute apparizioni nei talk show.

Un sottile gioco psicologico e una vera e propria arte che è in grado di emozionare sia chi viene letto sia chi assiste alla lettura, ma che non implica l’esistenza di alcun fenomeno paranormale. La differenza tra un mentalista (o un illusionista) e un medium è che il primo dichiara di essere un bugiardo e che voi, consapevolmente, pagate per essere ingannati. Lo stesso Randi si definisce un “onesto truffatore”.

Che dire allora di tutte le volte che Sylvia Browne in queste decadi avrebbe fornito il suo indispensabile aiuto alle forze dell’ordine e alla famiglie alla ricerca dei propri cari?

Nel 2010 la rivista dello Csicop, equivalente al nostro Cicap, ha pubblicato un rapporto che analizza la correttezza delle previsioni pubbliche (nella maggioranza dei casi dai microfoni del The Montel Williams Show) disponibili, 115 in tutto. Dai risultati si capisce perché la Browne, nonostante le promesse, non abbia mai partecipato alla Million Dollar Paranormal Challenge: non esiste un singolo caso nel quale le letture della medium abbiano davvero fornito qualcosa di concreto ai poliziotti e alle famiglie. Quando gli elementi in arrivo dall’aldilà non erano vaghi, si rivelavano tragicamente sbagliati: nel corso della propria carriera televisiva la Browne ha rivelato alle madri la morte dei loro figli, poi ritrovati sani e salvi, o viceversa, ha pronosticato a orecchie speranzose il lieto fine, quando purtroppo non c’era più nulla da fare, oppure ancora a oggi i casi giacciono irrisolti.

Neanche con la salute ebbe troppa fortuna: con notevole faccia tosta nel 2001 disse a James Randi durante un dibattito da Larry King di visitare urgentemente un medico perché aveva un problema al ventricolo sinistro. Randi si fece controllare e non risultarono problemi oltre a quelli già noti. Quattro anni dopo, settantottenne, ebbe un infarto: niente a che vedere col ventricolo sinistro ma la Browne naturalmente non perse l’occasione di dire che era una sua profezia che si avverava. Fin troppo facile cogliere l’ironia nel fatto che la medium abbia sbagliato a prevedere anche il momento della propria morte, che a Larry King confessò essere da qui a 11 anni. Lei probabilmente si giustificherebbe di nuovo con un “solo Dio ha ragione tutte le volte”.

fonte: http://daily.wired.it/news/scienza/2013/11/29/browne-bufala-veggente-75295.html

SCIENZA E PARANORMALE: A CHE PUNTO È LA NOTTE?

di Mario Bruschi

La mia personale posizione sul cosiddetto “paranormale” e in particolare sui fenomeni psi, cioè di percezione extrasen-soriale (ESP) o di psicocinesi (PK), è stata nel passato così sintetizzabile: o tali fenomeni sono illusori e quindi il problema non si pone, o se ne può provare sperimentalmente l’esistenza e allora è compito della Scienza e in particolare modo della Fi-sica studiarli.

danieldunglashomelevita[1]Ero comunque meravigliato dalla quasi generale man-canza di curiosità dei miei colleghi fisici per un possibile rivo-luzionario campo di indagine scientifica; sapevo naturalmente che esperimenti erano stati fatti dai “parapsicologi”, tuttavia oc-casionali scambi di vedute con colleghi “bene informati” mi avevano instillato forti dubbi sulla consistenza dei risultati otte-nuti sulla correttezza, sia delle procedure sperimentali, sia del trattamento statistico dei dati effettuato da questi “outsider” della scienza.

Insomma: la diffusa opinione nella comunità scientifica ufficiale era (ed è) che in realtà in tale campo non ci sia niente da studiare.

Eppure… eppure non potevo fare a meno di constatare, per esperienza personale e dai resoconti di conoscenti a me affidabili, che tali fenomeni non sono poi così poco diffusi, anzi sembra che dopotutto, in media, ogni persona almeno una volta nella vita sia venuta a contatto col “paranormale”, per lo più nella forma più blanda della ESP (sogni precognitivi, tele-patia, chiaroveggenza, coincidenze significative, etc.).

Inoltre, benché su tali cose si preferisca tacere nelle bio-grafie ufficiali, numerosi e importanti scienziati (e anche noti fi-losofi) hanno mostrato positivo interesse in tali campi “alternativi” a cominciare da I. Newton passando per W. Pauli per finire al premio Nobel B. Josephson (la lista è lunga anche senza tener conto di quanti, per timore della più che probabile opinione sfavorevole dei colleghi, hanno preferito autocensu-rarsi).

Un ulteriore motivo di sconcerto (ma pungolo per la cu-riosità scientifica) era la consapevolezza, da Fisico, che tali fe-nomeni (ESP e PK), che non avrebbero trovato alcuna possi-bilità di inquadramento o di spiegazione nella Fisica classica, non sono poi così in contraddizione con il framework concet-tuale della Fisica moderna: anzi, in connessione con il fonda-mentale problema della misura in Meccanica Quantistica, quasi tutti i fondatori di tale teoria (Plank, Einstein, Pauli, Schroedinger, de Broglie etc.) hanno sviscerato a fondo il pro-blema dell’interazione tra mente-coscienza e materia-realtà e la discussione è ancora quanto mai attuale.

Tuttavia, ancora inspiegabilmente, le speculazioni teori-che ed epistemologiche in un campo così fondamentale non si sono mai tradotte in ricerche sperimentali (salvo tre eccezioni, vedi ).

Un blando e saltuario e tuttavia faticoso excursus della letteratura sul “paranormale” accessibile ad un “profano”, scartando il palesemente inverosimile e/o fraudolento, navi-gando perigliosamente tra nebulosi esoterismi e resoconti aneddotici inverificabili e infalsificabili, mi aveva tuttavia con-vinto che lo stato dell’arte, per così dire, era pre-scientifico, as-somigliava stranamente alla congerie di fatti e osservazioni, al-cune rivelatesi poi proficue e gravide di conseguenze, altre irri-levanti, altre ancora semplicemente fantasiose, che possiamo rinvenire negli scritti di autori pre-scientifici diciamo fino al tardo rinascimento o, usando un limite certo convenzionale ma co-munemente accettato, fino a Galileo.

Quello che mancava era un punto fermo su cui innestare quel fruttuoso processo di accumulazione tipico della scienza che (senza la necessità di ripartire sempre da zero) potesse portare a una comprensione più profonda e possibilmente a una spiegazione teorica dei fenomeni stessi.

Mosso da questo insieme di motivazioni, sei anni fa ten-tai di verificare (propria manu) quei dati statistici riportati in altri studi (e ritenuti inaffidabili dai colleghi) con un esperimento ba-sato su test “classici” si telepatia e chiaroveggenza, avendo in più l’opportunità di usare un gruppo di soggetti che, per il par-ticolare training ricevuto, fosse sperabilmente sopra la norma ma tuttavia lontano dalla “professionalità” (con i pericoli con-nessi).

I risultati di tale esperimento in sé altamente significativi furono per me ancora più significativi in un modo inaspettato: infatti un resoconto dell’esperimento , fatto circolare tra amici e colleghi ed inviato al CICAP, mi ha procurato una sequenza di polemiche e arroventate discussioni costringendomi a passare da un impegno ed interesse “amatoriale”, come era stato il mio nel campo “paranormale” fino ad allora, ad un approfondimento e a uno studio più “professionale”.

E così, con mia grande sorpresa, ho scoperto che in realtà il punto fermo che stavo cercando già esiste: l’esistenza di fenomeni ESP e PK è stata provata sperimentalmente al di sopra di ogni ragionevole dubbio. La prova non ri-siede in un particolare eclatante esperimento ma nella rigorosa analisi statistica di dati sperimentali pazientemente accumulati negli ultimi 50 anni.

A quanti cominciassero a questo punto a mostrare segni di insoddisfazione ed insofferenza, devo ricordare che ogni prova scientifica di carattere sperimentale, a causa del non eliminabile margine di errore proprio di ogni tipo di misura, an-che macroscopica (classica), è intrinsecamente di carattere statistico, senza contare poi che nella Fisica microscopica mo-derna le leggi della probabilità e quindi della statistica sono parte integrante e fondamentale dello stesso apparato logico e teorico.

In altre parole, la meccanica quantistica è intrinsecamente probabilistica, ma anche in termodinamica, parte fondamentale della fisica classica, le leggi (o princìpi) sono di carattere statistico; detto in parole ancora più povere, se affermo che l’acqua in una pentola posta sul fuoco dopo un po’ di tempo inizia a bollire, certo affermo una banale verità scientifica facilmente verificabile nella esperienza giornaliera, eppure an-che tale “effetto” ha carattere statistico: in verità niente nelle leggi della fisica impedirebbe alla medesima acqua di congelare anziché di bollire (!): solo che la probabilità di quest’ultimo evento è così piccola che (è stato calcolato) ragionevolmente ci si aspetta che esso si verifichi più una volta in tutta la vita dell’Universo!

the brainPotrei fare numerosissimi altri esempi, anzi potrei portare ad esempio praticamente ogni “effetto” verificabile sperimentalmente nella scienza, ma il mio intento principale finora era di chiarire che la scienza ha necessariamente sviluppato potenti e sofisticati strumenti matematici per il trattamento statistico dei dati e in particolare per riconoscere se un qualche riscontro sperimentale e/o strumentale (una oscillazione anomala dell’ago del vostro strumento, un particolare conteggio, una particolare sequenza di tracce nella vostra lastra fotografica…) corrisponde (o non corrisponde) ad un effettivo fenomeno o è un effetto spurio dovuto a fluttuazioni della strumentazione, er-rori sistematici d impostazione o altre possibili fonti di disturbo (rumore).

In effetti ogni misurazione sperimentale si può concettualmente pensare come il riconoscimento o meno di un “segnale” dal (sopra il) cosiddetto “rumore di fondo”; tanto più piccolo è il segnale, tanto maggiore deve essere il numero dei dati su cui poggiare una analisi statistica capace di riconoscerlo (e tanto più sofisticata diventa l’analisi stessa).

È opportuno precisare che “segnale” e “rumore di fondo” nono intesi in senso analogico e mutuati dal linguaggio comune e dal mondo delle telecomunicazioni: in realtà il “segnale” potrebbe essere di volta in volta ad es. l’emissione neutronica nella fusione fredda, la particolare catena di eccitazione dei contatori che segnala un decadimento del bosone intermedio o la particolare sequenza di righe spettrografiche che ci indica la presenza di aminoacidi nella polvere interstellare. Tuttavia l’esempio più comprensibile, e quindi comune-mente usato, è tratto effettivamente dalle radiotrasmissioni: ognuno sa per propria esperienza che è facile e richiede poco tempo sintonizzarsi su un “segnale” forte (una stazione vicina o una particolarmente potente) mentre diventa sempre più fru-strante e laborioso se il segnale è debole e/o le condizioni non sono opportune (temporali, montagne, troppe emittenti su una stretta banda di frequenze: tutte circostanze che aumentano il “rumore” di fondo”).

Come caso limite, immaginate di essere uno di quei ra-dioamatori che cercano contatti con stazioni particolarmente lontane (e devono poi provare il contatto riferendo la sigla in codice del trasmittente): spostate delicatamente la manopola di sintonia tra “statica”, sibili e immancabili cra-cra (rumore di fondo), ed ecco: su questa frequenza sembra esserci qualcosa, ma sarà vero?

È chiaro che se ascoltate per pochi secondi probabilmente quello che vi sarà parso un flebile suono sopra il rumore non riapparirà, bisogna armarsi di pazienza, ascoltare più a lungo (cioè accumulare più dati statistici!) per poter sentire occasionalmente ripetersi un suono intelligibile e ancora più a lungo prima di poter “mettere insieme” un numero sufficiente-mente alto di “suoni” da poter riconoscere almeno la lingua e possibilmente la sigla del trasmittente.

Bene, in “parapsicologia” il problema principale e di vedere se nei vari esperimenti (tipo prevedere quale sarà la prossima carta estratta dal mazzo, alterare una serie di bip emessi da un generatore random, riconoscere una località lontana con le tecniche “ganzfeld”) c’è un “segnale” (ESP, PK)o tutto è solo rumore di fondo che in questo caso è essen-zialmente dovuto al caso.

In termini semplici ed espliciti, se in un esperimento indovino, diciamo, 600 volte su 1000 tentativi con che faccia (tasta o croce) cade una moneta, posso dire di possedere po-teri extra o ho indovinato solo per caso (diciamo pure, eufemi-sticamente, “fortuna”).

Notate che anche se una analisi statistica mi convincesse che i miei risultati non sono dovuti solamente al caso (che pure sarà una componente importante) non potrei poi dire che si ‘ trattato di “precognizione”, cioè se in qualche modo sapevo prima cosa sarebbe uscito, oppure di “telecinesi”, per cui avendo detto testa , con i miei poteri mentali di controllo sulla materia faccio sì che esca effettivamente testa.

Questo è un punto importante da sottolineare: non sap-piamo se la telepatia o la precognizione o la telecinesi esistono (né tantomeno come funzionano); ciò che è stato provato è che “sicuramente i risultati ottenuti nell’insieme degli esperi-menti esaminati non sono spiegabili ammettendo l’azione delle sole leggi del caso” [(dove sicuramente è ovviamente usato in senso statistico e quindi significa che è estremamente, estre-mamente (questo lo vedremo dopo) improbabile il contrario, ciò che gli stessi risultati siano realmente ottenuti per caso (come l’acqua che riscaldata diventa ghiaccio…)]

Ergo: deve esserci in opera un altro fattore (possiamo tranquillamente chiamarlo ESP o PK ma finora sono solo nomi!).

In altre parole quello che è stato provato è di nuovo l’inequivocabile presenza di un “segnale” ben sopra il “rumore di fondo”.

La natura e le caratteristiche del “segnale” sono ancora largamente sconosciute, a parte il fatto che si tratta di un se-gnale debole (spesso molto debole): ad esempio negli esperi-menti PK condotti per più di un decennio presso la School of Engeneering and Applied Science della Princeton University (nell’ambito del programma PEAR = Princeton Engeneering Anomalies Research) solo un bit su 500, in media, è risultato influenzato dai soggetti esaminati (spero comunque che la precedente chiacchierata sia servita almeno a rendere chiaro anche a un profano che la debolezza del “segnale” non mette in discussione la certezza che ci sia un “segnale”).

ESPEvidentemente non posso qui inoltrarmi nei dettagli e negli esperimenti e nella trattazione statistica dei dati speri-mentali e neppure riportare in dettaglio la ormai copiosa biblio-grafia¸ mi limiterò a segnalare per gli interessati pochi riferi-menti che contengono essi stessi esaurienti riferimenti biblio-grafici (vedi note 1,3,4). Tuttavia in qualche modo devo, pur se succintamente, riferire e in parte spiegare i principali risultati. Il primo e forse anche il più comprensibile indicatore per vedere se un certo effetto è dovuto o meno al caso è di calcolarne a priori (se possibile) o di valutarne a posteriori sperimentalmente (cioè dai dati stessi: è possibile!) la cosiddetta probabilità di casualità.

Forse è bene fare un esempio.

Supponiamo di giocare a testa e croce e che il nostro amico-avversario Pippo vinca 6 volte su 10 lanci chiamando sempre testa (questo è ininfluente ma facilita l’esposizione); vogliamo calcolare la probabilità di casualità di questo evento, anche per rassicurarci che la vincita di Pippo sia onesta.

Bene, una semplice formula matematica ci dice che, se la moneta non è truccata e il lanciatore non ha barato in qual-che modo (cioè se solo il caso è in azione), la probabilità di ottenere 6 successi su 10 tentativi è pari a 2.05*10-2, cioè il 20,5%. Tuttavia non è ancora questa la probabilità di casualità perché devo tenere in conto che Pippo avrebbe potuto vincere anche più di 6 volte, quindi si deve sommare anche questa probabilità alla precedente, ottenendo 3.75*10-2 cioè il 37,5% che è quasi il doppio della precedente ed è così alta da farci dubitare (finora) della correttezza del gioco [per inciso abbiamo imparato che la probabilità di casualità (che chiameremo da ora pc) è dunque la probabilità a priori di avere almeno il nu-mero di successi conseguiti o in altre parole la probabilità di avere m o più di m successi su N tentativi].

Ma supponiamo di continuare a giocare e che Pippo continui a vincere con lo stesso ritmo, cioè mantenendo la stessa percentuale.

Così su 100 lanci saranno venute 60 teste e su 1000 lanci 600 teste invece delle 500 (circa) che ci aspetteremo.

Fermiamoci al centesimo lancio e calcoliamo di nuovo la probabilità di causalità ottenendo pc=2.84*10-2 cioè meno del 3%: la cosa comincia ad essere sospetta! calcoliamo tuttavia ancora al millesimo lancio la probabilità di 600 teste e abbiamo pc=1.36*10-11, vale a dire un risultato che ci aspetteremmo di trovare per caso una o due volte su cento miliardi di sfide fra noi e Pippo!.

Certo può essere ancora un caso, ma ragionevolmente credo che ognuno sospetterebbe a questo punto o che la mo-neta sia leggermente più leggera dalla parte testa o che Pippo sia un abile e infido prestigiatore: non sappiamo cosa sia suc-cesso ma siamo convinti che non è stato un caso!

L’esempio mostra anche l’importanza di ampliare suffi-cientemente la base-dati ovvero di ripetere un numero suffi-cientemente grande di volte l’esperimento: se ci fossimo fer-mati ai primi 10 lanci o anche ai primi 100 non avremmo sco-perto l’inganno! e questo è tanto più importante quando l’effetto è piccolo, come usualmente accade in parapsicologia: i singoli esperimenti possono essere anche poco significativi o con risultato nullo o addirittura negativo, è l’insieme degli esperimenti che acquista una dimensione tale da avere la “forza” statistica necessaria a rivelare il “segnale” (l’esistenza della PSI: sfortunatamente molti ricercatori in questo campo facilmente se lo dimenticano nel progettare un esperimento così e pure, purtroppo, molti -sedicenti- “controllori”).

Diamo solo un esempio riportando i grafici dei dati via via accumulatisi dell’esperimento RMC alla Princeton University .

Per mostrare un effetto PK le tre linee BL, PK+ e PK- do-vrebbero divergere, con PK+ sopra la baseline BL, a sua volta sopra PK-; in verità è proprio quello che le curve fanno, ma lo fanno in modo ondivago e soprattutto lo fanno chiaramente solo al crescere dei runs (singole prove): per un basso numero di prove l’effetto h è poco visibile, quando non temporanea-mente invertito; eppure la probabilità di casualità finale dell’esperimento RMC è dell’ordine di una su un milione e quindi ben significativa.

Ma quali sono in definitiva i dati globali della ricerca PSI? Partiamo dal PK: D.Radin e R.Nelson, entrambi della Prince-ton University, in un articolo pubblicato sul Foundations of Physics (!), hanno analizzato 152 reports di 68 diversi investi-gatori descriventi 597 (recenti) studi sperimentali e 235 di con-trollo riguardanti la influenza diretta della coscienza su sistemi microelettronici (il cosiddetto micro-PK). La probabilità di ca-sualità calcolate è pari a pc=10-35 cioè una su cento milioni di miliardi di miliardi di miliardi! per capirci è la stessa possibilità che il rosso esca 115 volte di seguito alla roulette o lo zero 22 volte di seguito: di nuovo, se questo accadesse in una sala da gioco diremmo che la roulette è truccata; in questo caso di-ciamo che tali risultati non possono essere frutto del caso, un altro fattore (che chiamiamo micro-PK) è in azione, un forte segnale PSI è stato captato ben al di sopra del rumore di fondo! Veniamo quindi alla macro-PK dove le eventuali modifi-cazioni dovute alla coscienza e alla volontà dell’operatore opera su oggetti shutterstock_93912859macroscopici e quindi non coinvolgono (almeno di-rettamente) effetti quantistici. In questo campo gli unici espe-rimenti di cui abbiamo documentazione attendibile e sufficien-temente rumorosa riguardano il lancio di dadi ove il soggetto (l’operatore) tenta o di far cadere dei dadi in apposite griglie (vedi RMC del PEAR – nota 3) o di far “uscire” una particolare faccia del dado. Riguardo questo ultimo tipo di esperimenti, D:Radin e D:Ferrari hanno analizzato 148 studi sperimentali condotti da 39 diversi ricercatori con il concorso di circa 2500 soggetti-operatori per un totale di quasi 2.5 milioni di lanci (di dado); la relativa probabilità di casualità risulta essere (sorprendentemente) ancora più piccola (migliore) di quella già stupefacente del micro-PK: pc=10-70 (!!!). Per chi non ha fee-ling con la matematica esporrò di nuovo a parole il significato di tale numero: per ottenere per “caso” lo stesso risultato di questi esperimenti, dovrei ripeterli circa dieci milioni di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte; è più o meno la (famosa) probabilità che una scimmia battendo a casaccio sui tasti di una macchina da scrivete ri-scriva, per caso, la “Divina Commedia”!

E per quanto riguarda l’ESP?

Una analisi dei soli studi in lingua Inglese sulla preco-gnizione, condotti comunque da 69 diversi ricercatori con la partecipazione di 50000 soggetti per un considerevole data-base di due milioni di tentativi porta ad una probabilità di ca-sualità pari a pc=10-24 mentre i soli recentissimi studi su te-lepatia & chiaroveggenza condotti con tecniche ganzfeld danno una probabilità di casualità di pc=10-12 .

Per ovvie ragioni in questa relazione mi sono limitato a ri-portare il più semplice indicatore (la probabilità di casualità) evitando per semplicità di parlare di altri e più potenti strumenti statistici; epperò farò brevemente due eccezioni. Primo, esiste un utile indicatore statistico che misura la relativa debolezza o forza del segnale rispetto al fondo con un numero, detto in in-glese effect size, che va da 0 a 1; ebbene, gli effect sizes cal-colati negli studi già citati variano da un basso 0.0003 per la micro-PK a 0.01 per i dadi a 0.002 per la precognizione ad un alto 0.29 per le tecniche ganzfeld.

Benché intrinsecamente piccoli (a parte il ganzfeld) questi numeri sono paragonabili a quelli ottenuti in ricerche ac-cademicamente accettate e spesso acclamate specialmente in campo sociologico, psicologico e/o psicoterapeutico, medico e/o farmacologico. Possiamo ad esempio ricordare uno studio che ebbe grande risalto e pubblicità perché dimostrava che la comune aspirina previene efficacemente l’infarto : eppure il suo relativo effect size è di appena 0.03 cioè di poco più grande di quello della precognizione ma di molto inferiore a quello relativo al ganzfeld!

Ma c’è di più: proprio la necessità di avere sicure valuta-zioni in aree come la ricerca sociologica o psicologica in cui i presunti effetti sono deboli, controversi e difficili da ripetere, ha portato alla fine degli anni ‘70 allo sviluppo di nuove procedure e metodi statistici che ora sono conosciuti con il nome com-plessivo di meta-analisi: e proprio le ormai ben collaudate tec-niche della meta-analisi applicate recentemente in campo pa-rapsicologico hanno posto un “alt” definitivo a una serie di criti-che e di merito e di metodo che usualmente vengono fatte alle indagini sul “paranormale”; è stato infatti provato che nessuna di queste critiche usuali, spesso pedissequamente riportate come decisive e “scientifiche” dai mass media, è più sosteni-bile alla luce della meta-analisi dei dati sperimentali (come ha ammesso lo stesso R.Hyman, acuto e duro critico della ricerca PSI, dopo la lunga e ormai celebre querelle con C.Honorton, il padre delle tecniche ganzfeld (4).

In particolare è risultato che:

non è vero che la bontà dei risultati dipende dal ricercatore (demolendo la sottintesa insinuazione di frode, cosciente o meno, da parte dei ricercatori “fortunati”);

non è vero che i risultati sono irripetibili e che in particolare i risultati positivi tendono a scomparire con l’aumentare della si-curezza dei protocolli e la severità dei controlli;

non è vero che gli stessi risultati positivi possono essere vani-ficati da altrettanti negativi o nulli che i ricercatori si sono ben guardati dal rendere pubblici (questa è a priori una accusa molto seria e molto insidiosa: è il cosiddetto problema dei files nel cassetto; ma solo per dare un esempio, nella nota 1 è stato calcolato che a fronte dei 597 studi esaminati, ci vorreb-bero ben 54000 studi sconosciuti e negativi per riportare i dati della “normalità” (leggasi casualità)!

In definitiva e per concludere parafrasando Galileo, con la ricerca sperimentale sulla psi abbiamo posto una domanda (inusuale) alla Natura; possiamo ora affermare che la risposta della Natura è chiara e inequivocabile: “si, i fenomeni PSI esi-stono”. È tempo quindi, anche e specialmente per noi scien-ziati, di accettare tale risposta e dalla stessa ripartire con nuove domande e nuovi esperimenti. Le prossime ricerche non pos-sono, non devono ripetere ad infinitum le esperienze del pas-sato; quello di cui abbiamo bisogno adesso è di cominciare a capire non se gli effetti psi esistono ma come funzionano: ab-biamo bisogno ora un minimo di teoria, di un nuovo para-digma, necessariamente tentativo agli inizi, che serva comun-que da guida per gli esperimenti futuri.

Qualche timido passo in questa direzione è già stato fatto (3) avendo quasi sempre come base e/o riferimento la meccanica quantistica; del resto è proprio in questa teoria che la Fisica, partita nel 1600 dallo studio del mondo esterno, della cruda materia come altro completamente separato dal mondo interno “coscienziose”, è giunta ora al confine ove Io e non-Io si toccano. Certo, io credo, i fenomeni psi si trovano al di là di quel confine, ben dentro il campo della coscienza e forse la fi-sica non è ancora pronta e può anche darsi che non abbia neppure gli strumenti adatti per addentrarsi in tale campo.

Eppure, con molta fantasia e pazienza, questi strumenti devono essere inventati: è necessario ed anche inevitabile che questa esplorazione abbia inizio.

Tuttavia la storia, anche recente, ci insegna che in ogni settore della ricerca scientifica la rapidità e l’entità dei progressi dipende sì dall’ingegno dei singoli, ma molto di più al numero dei ricercatori e della consistenza delle risorse impegnate nella ricerca stessa.

Purtroppo sotto questo riguardo la situazione attuale è miserrima in generale e lo è particolarmente in Italia… e non si intravedono cambiamenti nell’immediato futuro né da parte delle strutture pubbliche né da parte dei sempre auspicati, ma finora fantasmatici privati mecenati.

Summary:

SCIENCE AND PARANORMAL:

AT WHICH POINT IS THE NIGHT?

by Mario Bruschi

Cosa è la “psicomiletica”?

PRINCIPI FONDAMENTALI DI PSICOMILETICA

di Armando Pavese

 

Psicomiletica è identità scientifica e non spiritica

La psicomiletica è un modello scientifico avanzato della “parapsicologia scientifica” di cui potrebbe assumere l’eredità considerato il suo progressivo tramonto. La ragione che conduce a questo progetto è duplice:

? da una parte è la constatazione che il termine “parapsicologia” è nato come compromesso storico fra interpretazione scientifica e spiritualistica del fenomeno paranormale. Perciò non ha mai potuto assumere il ruolo di scienza “autentica” che presuppone uno sganciamento assoluto fra credenze religiose e scienza. Molti, troppi “parapsicologi” erano in effetti alla ricerca di una “prova” personale di comunicazione con defunti o un mondo sovrasensibile di “maestri”. Cosa che deborda dall’oggetto della scienza.

? dall’altra è che in questa commistione la parapsicologia è “oggi” il punto più debole e lo spiritismo, lo spiritualismo newageniano, i professionisti dell’occulto ormai hanno preso in ostaggio la parapsicologia e la usano per presentarsi come filone “scientifico”, vale a dire: vogliono usare la parapsicologia come mezzo per dimostrare la sopravvivenza. Oggi i rappresentanti del filone newageniano si dichiarano “parapsicologi” e “non spiritisti”. La scienza non può accettare simili compromessi da chi, fino a ieri, si è dedicato alle sedute medianiche, con scrittura automatica o con l’uso del registratore, fideisticamente; comunque l’interpretazione spiritualista non interessa la scienza.

Chi oggi propende per un’interpretazione spiritica o magica può abusare del termine “parapsicologo” ma non può ne potrà mai definirsi “ricercatore di psicomiletica” (a meno di non assumersi anche automaticamente la patente di cialtrone) perché psicomiletico sottintende una connotazione ben precisa e inconfondibile di scientificità.

Infatti la psicomiletica, il cui modello, in base alla psicologia del profondo e alla moderna scienza della comunicazione, ho presentato nei miei libri, è rigorosamente scientifico; vale a dire che esclude ogni interpretazione culturale, cioè: sia magica, sia spiritica, sia spiritualistica e anche religiosa. L’autore di queste righe è cattolico praticante e, proprio in quanto tale, dà un taglio netto ad ogni confusione. Essendo l’autore convinto che la scienza, per essere veramente tale, non possa andare contro Dio e anzi che il ricercatore non possa non essere sottomesso a Dio (in quanto questo è Creatore di tutto), si sente anche in dovere di difendere ogni tentativo di strumentalizzare un fenomeno “naturale”, come quello psicomiletico, contro tutte le interpretazioni spiritualiste.

Essendo l’essenza del fatto paranormale il comunicare, ho assunto il vocabolo greco omileo, che vuol dire comunicare, ed essendo questa comunicazione attuata a livello inconscio, cioè attraverso la psiche, avremo, come risultato, che il termine psicomiletica significa comunicare con la psiche inconscia.

IL FATTORE DI COMUNICAZIONE

La molteplicità dei casi pratici porta a distinguere teoricamente fra telepatia, chiaroveggenza, precognizioni e psicocinesi che, in effetti, possono essere riassunti in un legame che è territorio comune di tutti questi fenomeni.

Questo “legame” si individua nel fatto che l’essenza del fatto psicomiletico è la comunicazione inconscia di un messaggio che sale alla luce della coscienza con diverse metodologie quali: la percezione mentale, l’allucinazione, l’azione sulla materia. In questo ambito ho individuato un “comune denominatore” di tutta la fenomenologia psicomiletica per quanto riguarda lo spazio. Sembra paradossale includere la precognizione, che riguarda il fattore tempo, in un ambito spaziale. Tenterò di riassumerlo più avanti, anche se sono conscio che sintetizzare un pensiero già sintetico è impresa ardua.

Ogni fatto psicomiletico ha una ”causa” che ha ben salde radici nella nostra vita: Queste sono date dagli stimoli dell’esistenza, cioè da fatti significativi che possono “innescare” una comunicazione inconscia. Questi fatti sono l’interesse personale, l’emotività propria del soggetto, le situazioni con componenti emozionali transitorie, i traumi, gli stati conflittuali psicotici e nevrotici, lo stato di pericolo e di morte, i vincoli di affettività, i rapporti di amicizia e di parentela, gli ambiti culturali mistici, magici, spiritici con componenti conflittuali.

Lo “stimolo esistenziale” è perciò un fatto concreto della vita che ha la prima origine nell’Io cosciente. Da questo “stimolo” della vita cosciente scaturisce un riflesso nel nostro inconscio che costruisce delle motivazioni profonde cioè gli psicodinamismi che si traducono concretamente in un impulso originario inconscio che genera la comunicazione inconscia o fatto psicomiletico.

Questo impulso originario inconscio, che denomino fattore di comunicazione (F. di C.) è quello che scaturisce in assenza della volontà cosciente e che produce il fatto psicomiletico che così viene ad avere un’unica causa. Cade così la distinzione in telepatia, chiaroveggenza, precognizione, psicocinesi che rimane solo per indicare una diversa manifestazione dello stesso fenomeno.

ANIMA SPIRITUALE E ANIMA PSICOLOGICA

La scienza ha individuato la psiche cosciente e inconscia protagonista della vita terrena, delle sensazioni, dei linguaggi simbolici, della creatività e della suggestione.

Denomino questa dimensione umana con l’appellativo di anima psicologica. In particolare l’inconscio è la parte della anima psicologica che sfugge al controllo della volontà e della razionalità. L’inconscio è concepito in modo diverso dai vari studiosi ma è comunque la parte più misteriosa e insondabile della dimensione terrena. Nel concetto di “psiche” molti filosofi o movimenti materialisti hanno concentrato tutto l’essere umano. In questa visione l’uomo non ha sopravvivenza, non ha trascendenza e tutto finisce con la morte del corpo.

Secondo la fede cristiana, San Paolo distingue fra “anima” e “spirito” salvaguardando sempre l’unione, in ogni persona, delle due realtà. In concreto si distingue fra anima (come principio che anima il corpo) e spirito (principio che unisce l’uomo a Dio) che sono in ogni individuo, unici.

All’ordine superiore (nel senso di creatura di Dio, forma dell’uomo) appartiene invece l’anima spirituale che, per i credenti, è il principio di vita donato da Dio e destinata alla vita eterna. “L’anima spirituale” è la parte di noi che sopravvive in eterno. L’uomo con la sua libera scelta può aderire al progetto di Dio e può aprirsi alla sua Grazia; trasforma cioè la sua vita usando “l’anima psicologica” in modo intelligente come strumento di crescita per aderire ad una vera spiritualità che prescinde da una creatività deteriore. “L’anima psicologica” e quella “spirituale” sono, nel mio pensiero, un tutt’uno di inscindibile” al cui centro esiste l’anima spirituale come essenza superiore che non partecipa ai progressi psicofisiologici ma che riflette la sua luce sull’anima psicologica. Questa è la protagonista delle esperienze esistenziali subendo in tal modo le conseguenze dei “traumi psicologici”, dei conflitti “inconsci”, dei “drammi della follia”, dell’emotività, degli stati di morte ed è la zona umana in cui hanno vita gli stimoli esistenziali che poi si traducono in impulsi originari inconsci cioè nel fattore di comunicazione.

Dunque “l’anima psicologica” è il crogiolo dei fatti psicomiletici che rispondono ai bisogni emotivi, patologici dell’essere umano e che perciò non hanno niente a che fare con la sfera spirituale.

NUOVE FRONTIERE DELLA PSICHE

L’unica alternativa alle ipotesi culturali (spiritica, magica, spiritualistica, ecc.) per spiegare i fatti psicomiletici è un modello scientifico la cui esposizione è stata fatta parzialmente nelle pagine precedenti. Un “modello scientifico” è un contenitore che si deve adattare perfettamente a tutta la fenomenologia. Nell’esposizione che ho fatto mancano ancora spazio perché il contenitore sia formato. Sono spazi che accenno solo per una necessaria sintesi rimandando al mio “Manuale di parapsicologia” chi ne fosse interessato. Si devono presupporre due zone psichiche: una individuale e una di carattere collettivo.

La prima è facilmente e prestamente individuata in un Io inconscio intelligente e patologico che possa produrre una attività psichica intelligente inconscia. Questa si individua in una “dissociazione” più o meno marcata a seconda dei casi. Questa zona, che corrisponde a quella ben conosciuta in psicopatologia, emerge quando si verificano autentici fatti psicomiletici ma si trova anche (a parte le patologia veramente tali) nei fatti valutati erroneamente come psicomiletici in quanto corrispondono solo ad una creatività. Valga per tutti la scrittura automatica che di per sé è solo un fatto creativo in stato di dissociazione più o meno palese ma che può condurre a fenomeni veramente psicomiletici (che corrispondo a precisi “stimoli esistenziali” come conflitto personale o a situazioni di credenza culturale).

La seconda zona psichica è di carattere collettivo e parte dalla raffigurazione della psiche umana come un’isola che emerge sopra al mare alla luce del sole (coscienza). L’isola è costituita da un corpo continuo, una basa che si inabissa nel mare e man mano che si immerge si allontana dalla luce e tutto diventa più oscuro (passaggio dall’io cosciente all’inconscio). Fin qui lo schema è classico.

Il modello si struttura poi sulla casistica storica, sull’esperienza di studio dell’autore, sui fatti vissuti personalmente dallo stesso e ipotizza tre tipi di “legami” che uniscono queste isole. Tre legami che sono definiti simbolicamente “l’Acqua”, “il Limo”, “la Terra”.

1) L’Acqua che unisce idealmente dalla superficie fino al fondo, cioè dalla coscienza fino all’inconscio profondo, ma nello stesso tempo separa.

“L’Acqua rappresenta lo psichismo generale inconscio che separa i singoli corpi, le basi profonde (inconsci individuali) ed ha le caratteristiche seguenti:

? Non è collettivo e “non” costituisce un’entità unica che annullerebbe la singolarità degli inconsci individuali. Lo psichismo generale separa ma all’occorrenza collega. Collega quando dall’inconscio individuale (isola) parte un “impulso originario inconscio” (F. di C.) che è attivato da uno “stimolo esistenziale”. Il F. di C. è la vera essenza del fenomeno paranormale.

? Non è dinamico perché non collega stabilmente le une alle altre psichi. Questo risponde all’esigenza naturale di evitare l’interferenza reciproca con un flusso continuo di informazioni. Lo “psichismo generale inconscio” diventa dinamico solo quando si attuano i presupposti di una comunicazione.

2) Il Limo che è un sottile strato che unisce alle radici le isole, unisce con la stessa debolezza con cui lo può fare il fragile velo del ricordo.

“Il Limo rappresenta l’archivio del passato cosciente ora diventato inconscio, cioè i vissuti di generazioni passate, il relitto della psiche dei defunti. Si tratta di un archivio inconscio da cui si può attingere informazioni a livello inconscio come lo si potrebbe da un archivio fotografico, cioè in modo piatto e impersonale. Questo è anche il caso delle presunte rivelazioni dei defunti in seduta medianica. È evidente che il tutto è vivificato dall’Io inconscio intelligente, cioè dalla dissociazione della personalità del medium.

3) La Terra, che è il legame veramente comune che unisce tutte le isole in profondità, può essere “l’inconscio collettivo archetipico” di Jung.

IL FATTO PSICOCINETICO,FIGLIO NEVROTICO DELLA PSICHE

Il fatto psicocinetico è solo una delle distinzioni dei fenomeni psicomiletici che si estrinseca tramite azione sulla materia ed è solo un mezzo di comunicazione tramite il quale il soggetto esteriorizza una esperienza che è un segno di sofferenza o sofferenza sublimata a livello inconscio.

La comunicazione avviene con il linguaggio del simbolo e cioè con l’azione sulla materia. Possiamo individuare “situazioni a rischio” di possibili manifestazioni psicocinetiche.

? Il medium, afflitto da desiderio di affermazione (mascherata spesso da una missionarietà misticoide), trova nelle credenze spiritiche il modo di soddisfare “all’intimo desiderio” di potenza e poi anche a quello di avere un approccio naturalistico. Il desiderio di potenza è esaurito dall’importanza di essere “mezzo” di comunicazione fra il presunto mondo degli spiriti e quello dei viventi. In questo contesto l’apporto di oggetti costituisce la prova mediante cui il medium comunica simbolicamente agli adepti: “credete in me”.

? Nel poltergeist l’adolescente nevrotico che odia l’ambiente che lo comprime, scatena verso questo la sua aggressività e comunica la propria richiesta di soccorso tramite la simbologia psicocinetica scatenando quel complesso di fenomeni che comunemente assume il nome sopracitato.

? Il soggetto che ha subito un lutto e vive un Dio magico che pare sordo alle sue preghiere di avere prove della sopravvivenza, si fabbrica inconsciamente da sé le prove di “registrazione delle voci dei defunti” o psicofonia. Il motivo profondo è il bisogno di comunicare a sé stesso e agli altri la speranza della sopravvivenza.

? Nella presunta possessione diabolica l’invasato proietta nel mondo oggettivo un messaggio di odio e di richiesta di libertà.

? Nel mistico, che pare abbia problemi oggettivi nel conci-liare la propria interiorità con la realtà esterna, cioè soffre di una frattura nevrotica, La strada verso la santità è più faticosa e senz’altro più meritevole (Grazia divina a part la posizione eroica di fede con la quale affronta i problemi dell’esistenza può portare al fatto psicocinetico che è una comunicazione inconscia della propria posizione di fede. Si noti che il fatto psicomiletico compete all’essere umano in quanto affetto da problemi esistenziali e nevrotici e vive in un clima di conflitto e non in quanto mistico e santo.

L’INTEGRAZIONE PSICHICA

“L’integrazione psichica” costituisce il primo gradino dei fenomeni psicomiletici ed è comunemente confusa con la telepatia. È invece una specie di “comunione psichica” che si realizza come comunicazione interpersonale altamente motivata in cui la persona apre tutti i suoi canali inconsci alla “percezione”. I risultati, comunque, possono essere diversi qualitativamente a seconda del coinvolgimento più o meno intenso. La casistica che ho esposto nel mio libro “Guarire con la pranoterapia” (a cui rimando) riguarda le situazioni analitiche, lo spiritismo, l’ipnosi, certe situazioni cliniche dell’infanzia, la diade madre-infante.

Il fenomeno soggiace a tre regole:

1) È normalmente temporaneo ed esige la presenza delle persone nello stesso ambiente. Altrimenti si può parlare di telepatia.

2) La sua attuazione dipende dalle dinamiche inconsce che sono attivate da una serie di input di cui ho già trattato e che costituiscono lo “stimolo esistenziale”.

3) Nel rapporto interpersonale o di un gruppo esiste sempre un leader che inconsciamente detta le proprie risposte, motivazioni, suggestioni che diventano le “certezze” per l’altro o per gli altri.

PRECOGNIZIONE: POSSIBILITÀ PIÙ PROBABILE

Ho accennato all’impossibilità dell’impulso originario inconscio (F. di C.) di spostarsi nella dimensione tempo. Malgrado ciò il “fattore di comunicazione” rimane però la base del divenire o del passato degli eventi.

Dall’esame della casistica emerge una “relativa” prevedibilità del futuro prossimo a sprazzi di escursione sul passato. A volte tutto ciò è singolarmente preciso ma più spesso queste precognizioni e retrocognizioni perdono di precisione man mano che aumenta l’intervallo di tempo da oggi. Denomino evanescenza questa caratteristica.

Si considera tradizionalmente che la “precognizione” sia la percezione di un effetto che precede la causa. Sostengo invece che la precognizione sia l’effetto di cause ben precise che sono percepite inconsciamente e statisticamente dall’essere umano. Ciò toglie la drammaticità di una cieca precognizione che grava come una maledizione sul destino dell’uomo.

Nello “psichismo generale inconscio” esistono tutte le nostre esperienze, pensieri, progetti, determinazioni, speranza, paure. Esistono cioè i “germi del futuro” liberamente fluttuanti in attesa di una loro combinazione.

L’inconscio umano percepisce le informazioni che sono fornite dal F. di C., ne attua un processo di sintesi rilevando la possibilità più probabile. Dunque la precognizione è una elaborazione statistica dell’inconscio umano sulla base degli eventi già in germe. La precognizione è, di conseguenza, un effetto delle azioni dell’essere umano.

La “retrocognizione” relativa a “pseudo” rivelazioni di defunti si riduce ad essere un fatto di comunicazione in conscia fra la psiche dell’essere umano vivente e il “Limo”, cioè la comunicazione “pseudo-temporale che in realtà attua nel tempo presente perché il “Limo” è nel nostro tempo.

Resta aperto il problema del controllo dei presunti fatti retrocognitivi. Se questi lo sono su base di documenti ne conseguirebbe che, essendo l’informazione compresa nell’essere di oggi, i fatti ricadrebbero nella dinamica del F. di C.

Il modello psicomiletico si presenta perciò come innovatore rispetto alla parapsicologia tradizionale, non solo per il concetto di precognizione che cambia totalmente volto, ma anche per l’unificazione delle varie fenomenologie nel F. di C. e nella individuazione di cause ben precise ad ogni evento. La difficile ripetibilità dei fenomeni pone fuori dai tradizionali canoni galileiani come ne sono fuori le discipline che trattano dalla psiche con termini non farmacologici. Ad esempio la psicologia clinica non può ripetere a bacchetta casi clinici come lo è nella fisica.

Rimangono comunque ignote le meccaniche energetiche fisiche che sono innescate dal F. di C.

CONDIZIONI AFFINCHÉ UN FENOMENO SIA DEFINITO PSICOMILETICO

1) Intervento dell’essere vivente escludendo l’ipotesi spiritica.

2) Inspiegabilità mediante le conoscenze scientifiche le quali sono contraddette sui seguenti punti:

? Un essere vivente può acquisire una informazione dal mondo esterno prescindendo di cinque sensi.

? Si può influire sullo stato di quiete e di moto di un oggetto o di un sistema fisico, senza l’applicazione di una forza conosciuta.

3) L’assenza di frode cosciente o inconscia.

4) Una controllabilità spazio-temporale definita.

Chiudendo questa sintesi del mio Manuale di Parapsicologia devo essere grato a Piero Cassoli e al compianto Emilio Servadio senza i cui studi non avrei trovato le basi per elaborare questo modello.

Bibliografia:

A. Pavese, Manuale di Parapsicologia, Ed. PIEMME,

Casale Monferrato, 1989. Handbuch der Parapsycologie, Pattloch, Verlag, Augsburg 1992. Manual de Parapsicologia, San Pablo, Santafe de Bogotà, D.C. Colombia, 1994.

A. Pavese, Guarire con la Pranoterapia, Ed. PIEMME,

Casale Monferrato, 1990.

A. Pavese, Sai Baba, anatomia del “Nuovo Cristo” e dei suoi

miracoli attraverso la psicologia del profondo, la parapsicologia e la fede cristiana.

A. Pavese, Grande Inchiesta sulla Magia in Italia (Come difen-dersi dai Maghi) Ed. PIEMME, Casale Monferrato, 1994, 1995.

Poltergeist – Infestazioni nel Regno Unito

di Giulio Caratelli

 

Summary

Poltergeist/Infestations in the United Kingdom

The article reports some recent cases of poltergeist and infestations. Grosse, investigated a case of poltergeist happened in London in 1989. He noticed some big tensions in the family, particularly between the mother and the fifteen daughter, who was identified as the focal agent of poltergeist. After two sessions of hypnotherapy with the girl, the manifestations stopped.

Haines reports a case of infestation, in 1983, with a young night watchman as witness.

The psychologist David Fontana investigated a case of infestation, from 1989 till 1991, happened in a machine-shop of South Wales.

There have been many witnesses for the manifestations. Fontana underlines how the searches led to exclude physical causes, mistaken perceptions or memory of witnesses and voluntary frauds. The absence of focal agents has been verified. For three times it has been noticed the presence of a child’s ghost.

A promising method of study of these phenomenon is finally showed. This method, originally conceived by Getrude Schmeider, was been used by a team of A.S.P.R. in a case infestation with appearance of ghosts in a building of New York sensitives felt the presence of a “spirit” and the declarations of witnesses.

mg-le-m1Le casistiche relative agli eventi di poltergeist/infestazione si accre-scono ogni anno di nuovi casi. Gauld e Conell hanno tabulato e analizzato, per mezzo di una raffinata metodologia statistico-informatica, ben 500 episodi (tra l’altro selezionati) avvenuti nel mondo fino al 1975. Una nostra collezione concernente il territorio italiano, frutto di una ricerca chiusa. nel 1991, comprende 248 Casi . Numerose manifestazioni vecchie e soprat-tutto nuove, sono state reperite, segnalate e studiate negli ultimi anni in ogni parte del mondo; la nostra raccolta italiana, ad esempio, è aumentata in 4 anni di circa 20 casi. I molteplici risultati degni (di interesse scientifico, incentrati sulle concordanze e tendenze evidenziate in quelle collezioni, non devono comunque passare in secondo piano l’importanza di ognuno di essi, le difficoltà che l’indagine spesso presenta e tutte le cautele indispen-sabili per una corretta acquisizione dei dati concernenti le diverse fenome-nologie.

Alcuni avvenimenti di questo tipo, indagati in modo più o meno approfondito, sono rinvenibili negli anni 1991-1992 in varie riviste inglesi del settore. Pensando alla scarsa o pressoché nulla risonanza che hanno avuto in Italia non è forse inopportuno fornire una descrizione, più estesa per il caso studialo da David Fontana, sempre consapevoli del fascino che possono esercitare i singoli fatti e le svariate circostanze nelle quali si verifi-cano. Rimanendo nel tema, termineremo illustrando una promettente metodologia «quantitativa» impostata originariamente da Gertude Schmeidler, integrata da sofisticati dispositivi e utilizzata da una, équipe dell’American Society for Psychical Research per investigare nel 1989 una «casa infestata» di New York.

In una lettura fatta il 5 giugno 1990 al College of Psychic Studies di Londra, il cui testo riveduto è stato inserito nel 1991 in Light e nella quale ha riferito inizialmente anche un episodio attinente a una «fotografia para-normale», Maurice Grosse ha descritto il caso di Enfield, con i suoi movi-menti di oggetti e la presunta levitazione della giovane Janet, poi condotta al Birkbeck College per verificare sperimentalmente la capacità di modifi-care il proprio peso corporeo, quindi il poltergeist investigato personalmente nell’agosto 1989 a Londra. In una casa abitata da madre e tre figli venivano constatati movimenti e apporti di oggetti. Grosse ha rilevato grosse tensioni nell’ambito del nucleo familiare, particolarmente tra madre e figlia quindi-cenne, subito identificata in base alle testimonianze come la «persona focale» degli inconsueti avvenimenti. Dopo due sedute di ipnoterapia, condotte dall’autore al fine di instaurare nella giovane uno stato di rilassa-mento, i vari fenomeni PK sono gradualmente cessati

Brian Haines ha fornito qualche anno fa, un resoconto inedito relativo ai fatti che ebbero testimone Tom, studente nel 1983, il quale trascorse un breve periodo come sorvegliante notturno in una fabbrica di Harlesden che produceva componenti per computer. Ancora molto turbato, a distanza di anni dagli eventi, inizialmente attribuiti a qualche sorta di burla da parte di alter guardie, Tom ha parlato all’intervistatore delle porte di un ascensore che spesso si aprivano e chiudevano da sole, di un portacenere caduto con fracasso sul pavimento e parimenti di due statue collocate ai lati dell’ascensore, anch’esse crollate inspiegabilmente. Infine, dopo ulteriori esitazioni, di quegli incartamenti che sembravano materializzarsi in aria, come se fossero passati attraverso il soffitto, per poi cadere a terra. In una occasione il giovane, per mezzo del telefono portatile, aveva informato di quanto accaduto il suo diretto superiore, ma questi aveva replicato di non voler pubblicizzare l a questione, in quanto vi sarebbe stato discapito per il loro lavoro .

Il caso avvenuto in una officina di riparazioni meccaniche e annessa rivendita site in una località del Galles del Sud, investigato a partire dal 28 giugno 1989 dallo psicologo David Fontana e commentato accuratamente in due articoli ricchi di dettagli, riflessioni e anche alcune figure che hanno negato qualsiasi conoscenza precedente del poltergeist e della letteratura relativa, sono stati il proprietario, sua moglie, un fratello di questa con la rispettiva consorte e in misura minore alcuni lavoranti, uno dei quali era anche socio della piccola azienda. Il proprietario aveva contattato il Society’s Spontaneus Cases Officer della Society for Psychical Reasearch principalmente a causa di piccoli sassi e monete che giungevano frequen-temente, come proiettili, sia nell’officina che nell’emporio.

Nel corso delle sue indagini sul posto, lo studioso è pervenuto progressivamente a un giudizio positivo circa l’onestà e l’attendibilità dei testimoni, nessuno dei quali – tra l’altro – aveva obiettivamente qualcosa da guadagnare producendo in una improbabile maniera fraudolenta i feno-meni. Molti altri sono stati man mano riferiti a Fontana: il misterioso arrivo, nei vari locali di bulloni, tavolette di legno e posaterie, il movimento disordi-nato di utensili e attrezzi di lavoro, la loro scomparsa e ricomparsa, un persistente forte odore di bruciatura, l’esplosione di un tubo fluorescente, frequenti anomalie telefoniche, forti colpi sulle finestre del negozio, etc. Fontana è riuscito ad osservare direttamente molti di essi, anche quando si presentava sul posto all’improvviso, senza annunciare la sua visita. Le multiformi manifestazioni sono proseguite per circa due anni, cessando momentaneamente in concomitanza di due eventi: il primo è stato la fine del sodalizio tra il proprietario e il suo socio, all’inizio sospettato ingiusta-mente di produrre artificiosamente i fenomeni fino a quando è stato accer-tato che avvenivano spesso in sua assenza, il secondo la ristrutturazione completa dello stabile.

Consapevole degli eventuali rilievi da parte dei critici, Fontana ha svolto accuratamente la sua indagine in diverse direzioni e alla fine ha potuto escludere cause fisiche (corsi di acqua sotterranei, vibrazioni dei macchinari, transito di veicoli), errori di percezione di memoria e , come già accennato, qualsiasi frode volontaria che avrebbe coinvolto uno o più protagonisti. Per di più, ha notato in questo caso alcune connotazioni inso-lite, principalmente la completa assenza del solito adolescente al quale sovente va attribuito lo scatenamento di fenomeni e il carattere estrema-mente intelligente di alcuni di essi. In diverse occasioni, se i protagonisti gettavano dei sassi in direzione di taluni angoli della rivendita e dell’officina veri e propri punti focali, invariabilmente ritornavano indietro con violenza, come se fossero stati raccolti e scagliati una seconda volta da una mano invisibile. Ben presto questo ipotetico «agente», considerato inevitabil-mente con una certa familiarità, è stato soprannominato «Pete» e quando tre vecchie monete datate 1912 sono arrivate incomprensibilmente sul pavimento, Ann e Paul (fratello e sorella) hanno iniziato a pensare che gli eventi fossero connessi in qualche maniera con il loro padre defunto, nato appunto in quell’anno .

L’autore, che già nel 1991 aveva annunciato la ripresa dei fenomeni, dopo un periodo di calma, ha riferito nel 1992 i risultati delle sue ulteriori indagini , mettendo in risalto il carattere alquanto differente delle manifesta-zioni rispetto a quanto descritto minutamente nella prima relazione. La lista successiva, infatti, comprende l’arrivo e la disseminazione sul pavimento di grosse quantità di semenze e fertilizzanti, provenienti certamente da sacchi collocati altrove, l’improvvisa accensione e il funzionamento del motore della falciatrice, la constatazione – ogni mattina – della mutata predisposi-zione delle facce di un cubo di Rubic, la regolare comparsa di banconote (come «risposta» a ripetute richieste alla presunta «entità») e infine la constatazione, in tre occasioni, dell’«apparizione» di una figura maschile di circa dodici anni. Sembra, in effetti, che gli avvenimenti (primariamente e prevalentemente classificabili nell’ambito del poltergeist) abbiano accen-tuato i loro requisiti di «intelligenza» e «intenzionalità», assumendo quelle peculiarità (lunga durata, legati al luogo più che a una persona, componenti «visive»: apparizioni, forme fantasmatiche) che una letteratura oramai ricca ci indica come tipiche delle infestazioni. Sorge allora il dubbio che questa possa essere una qualità rinvenibile in molte occorrenze analoghe, nell’evenienza che le manifestazioni proseguano dopo uno o più momenti di interruzione e il ricercatore, oltre a esserne informato, abbia la volontà e l’opportunità di compiere ulteriori, rigorose osservazioni. È quindi possibile che ogni volta ci approssimiamo solamente alla comprensibilità del singolo episodio, con l’ulteriore conseguenza di una indeterminabile perdita di chia-rezza intrinseca alle analisi cumulative, globali, rivolte all’esame di estese collezioni di casi .

Può essere ancora notato che l’apparizione non corrisponde alle aspettative dei protagonisti e alle sembianze del genitore defunto di Ann e Paul. In ogni modo, dopo aver riesaminato tutte le spiegazioni plausibili degli eventi, considerati genuini, Fontana tende a considerare credibile l’intervento di un indipendente, invisibile e non meglio definita «fonte» esterna, dotata (almeno) di una rudimentale intelligenza indispensabile per realizzare i propri intenti e rispondere senza errori alle richieste dei testi-moni: Infine, en passant, cita una notizia di seconda mano, concernente la tragica morte di un bambino nelle immediate vicinanze dell’officina; anche se non lo dichiara esplicitamente, tale breve informazione fa parte – a pieno titolo – dell’intero mosaico della vicenda.

Le possibilità di indagare rigorosamente casi similari sono maggiori di quel che si possa reputare pregiudizialmente. Alcuni anni fa, vennero segnalati tanti strani incidenti in un edificio residenziale di New York: funzio-namento irregolare di un elevatore, movimento, caduta, rottura e scom-parsa di oggetti, strani passi uditi la notte, numerose attestazioni concer-nenti apparizioni di forme spettrali, una porta rinserrata dall’interno, etc., che i residenti ipotizzarono l’azione del fantasma di una precedente proprietaria della casa. Una facoltosa vedova, dimorante nell’attico nel quale era vissuta invalida e morta alcuni anni prima la vecchia padrona, pensò nel 1989 di decifrare finalmente tutti quei disturbi e con rara avve-dutezza pensò che ciò fosse conseguibile solamente per mezzo di una sera investigazione parapsicologica. Una équipe dell’American Society for Psychical Research, consapevole del significativo progresso metodologico apportato da Gertrude Schmeidler in relazione alle ricerche «sul campo» , predispose immediatamente una complessa indagine.

Sono stati utilizzati numerosi metodi: primariamente il coinvolgimento di due gruppi di soggetti, quattro «sensitivi» e quattro «scettici»; forniti della copia di una particolareggiata mappa dell’intero edificio eseguita da un architetto professionista, erano invitati a percorrere tutti i piani e contrasse-gnare tutti i siti nei quali credevano di «avvertire», o dedurre, la presenza di uno «spirito». Ancora, dovevano rispondere a una lista contenente 18 vere descrizioni, delle quali era stata valutata positivamente l’attendibilità e 36 false esposizioni di ciò che i testimoni avevano riportato in precedenza. Successivamente sono state seguite dai ricercatori delle comparazioni statistiche tra le «posizioni» e le descrizioni concernenti l’«attività degli spiriti» e i responsi dei soggetti partecipanti. Tra i vari metodi secondari, va menzionato l’impiego di un «Generatore di numeri casuali» (RNG) allo scopo di evidenziare eventuali fonti psicocinetiche, una camera per foto-grafie infrarosse, test proiettivi per rilevare eventuali profili diagnostici tipici delle «persone focali» scatenanti il poltergeist, prove psicometriche, etc.

Sebbene i risultati non abbiano mostrato indicazioni di alto interesse, risalta la corrispondenza tra alcune segnalazioni dei «sensitivi» e le dichia-razioni di vari testimoni . L’intera metodologia, suscettibile naturalmente di modifiche, migliorie e di conglobare a seconda delle disponibilità ulteriori procedure qualitative e quantitative, rimane a disposizione degli studiosi, utilizzabile – a nostro parere – con profitto nell’occorrenza di manifestazioni analoghe.

I misteri della mente umana

 IL CERVELLO

La mente umana. Cosa sappiamo di essa? Ancora veramente poco, eppure in questi ultimi decenni la medicina ha fatto passi da gigante. Tra i molti misteri di questo sito, non poteva mancare una parte dedicata alla nostra mente. Il nostro cervello, formato da due emisferi (destro e sinistro). Questa teoria è opera di Roger Sperry, neurobiologo che sin dal 1950 aveva indagato sulle scimmie, e di Philip Vogel, un neurochirurgo. La sensorialità e la motricità dell’organismo dipendono dalla attività delle cellule site nelle particolari circonvoluzioni, opposte ai territori organici da loro dipendenti. In tal modo la parte destra del corpo è sotto il controllo dell’emisfero sinistro, mentre la parte sinistra del corpo è prevalentemente sotto il controllo dell’emisfero destro [Enrico Marabini, “Introduzione alla parapsicologia”].

L’emisfero SINISTRO si occupa di:

– Pensiero analitico;

– Logica;

– Funzioni verbali e matematiche.

 

L’emisfero DESTRO invece ha funzione:

– di orientamento nello spazio;

– di lavoro d’arte, abilità musicali e abilità manuali in genere;

– di immagine del corpo;

– di identificazione dei volti umani.

Ora, il difficile da comprendere, è: come può, una massa di materia fisica (il cervello), essere il centro di un intero organismo? In fondo, è solo materia, come lo è il legno, come lo sono i metalli e la sabbia del mare. Come può, il cervello, essere il centro neurologico del nostro essere, pur essendo solo materia? Che differenza c’è tra l’organico e l’inorganico? Qualsiasi dottore potrebbe cercare di rispondere a queste domande, ma ci sono domande a cui, nemmeno uno studioso preparato, potrebbe mai rispondere. Sarebbe come rispondere alla domanda: cos’è l’uomo? Chi siamo noi? Chi ci ha creato? Perché mi sembra inconcepibile che una tale perfezione possa essersi creata da sola, solo dalla natura, in millenni di evoluzione umana. Siamo troppo complicati per “esserci fatti da soli”. Tutto nel nostro corpo avviene secondo una logica precisa. Ogni centimetro del nostro organismo è funzionale allo stesso, e niente è in esso casuale. Quello che poi mi chiedo è: il cervello è solo materia? L’anima esiste? Coincidono?

Anche qui possiamo azzardare delle ipotesi:

– Il cervello è la sede della coscienza umana. Non esiste un’anima. quando il cervello muore, noi cessiamo d’esistere. questo è ciò che pensavano gli Epicurei, i più odiati dei filosofi dell’antichità.

– Il cervello è il mezzo che permette all’anima di esprimersi. In tal caso, l’anima sarebbe una specie di energia vitale che, alla morte fisica del cervello, può trasmigrare in un altro corpo, perché, come sappiamo tutti, l’energia in natura può solo trasformarsi, ma non annullarsi. Ciò spiegherebbe la reincarnazione.

        Ma allora, ammettendo valida quest’ultima ipotesi, si spiegherebbe la differenza sostanziale tra un uomo ed un animale. Entrambi hanno il cervello, ma uno si comporta in un modo e l’altro in un altro. E la grandezza non conta. Ci sono animali (come gli elefanti) cui la massa cerebrale è nettamente superiore a quella umana, eppure non sono paragonabili per intelligenza all’uomo. La grandezza non conta. Lo dimostra anche un altro fatto. Con il TAC, indagando su due ragazzi affetti di idroencefalia fin dalla nascita, è emersa la constatazione che si può giungere ad una riduzione della massa nervosa fino al 95 % (quindi ne rimane solo il 5 %). I due ragazzi non manifestavano alcun deficit nella loro intelligenza, anzi, uno di essi era un brillantissimo studente di fisica, con un quoziente intellettivo pari a 126 (tenendo conto che in media il QI di una persona è 100, e 120 è indice di eccellenza) [Marabini]. Se quindi, la grandezza non conta, cos’è che fa la differenza tra un cervello umano e animale? Forse l’anima? Ammettendo che gli animali non abbiano un anima (cosa comunque strana a pensarsi), ciò spiegherebbe una cosa: la differenza tra istinto animale e razionalità umana. In tal senso, la razionalità umana coinciderebbe con la coscienza, con l’anima. Se un uomo perde in qualsiasi modo la sua anima, ritorna allo stato animale, istintivo, primitivo, come nel caso di persone affette da malattie cerebrali. Ci sono persone che vivono come vegetali, in seguito a traumi o malattie. Queste potrebbero aver “perduto” la loro anima ed essere quindi ritornate ad uno stato primitivo, animale. Sentono ancora, in molti casi, certi stimoli, al dolore, alla fame, all’amore. Proprio come li sentirebbero degli animali. Ma se si tratta di chiedere loro di più, non ci riescono. Allora, potrebbe essere questa la chiave dell’enigma? Potrebbe essere che noi uomini siamo così diversi dagli “altri animali” perché possediamo, al contrario delle bestie, l’anima? Potrebbe essere. Ma allora, da dove arriva quest’anima? E perché solo l’uomo ne è provvisto. E qui potremmo ricollegarci ad un discorso di tipo clipeologico. L’uomo potrebbe realmente essere frutto di un esperimento “alieno”. In tal caso, noi saremmo un incrocio tra gli esseri primitivi presenti sulla Terra in età remota ed esseri alieni provenienti da un altro pianeta. Questa anima che tanto ci chiediamo cosa possa essere, potrebbe essere parte di loro, un pizzico “divino” donatoci da loro. Oppure, addirittura, potrebbe anche essere che “noi siamo loro”. Esseri alieni molto evoluti avrebbero conquistato la Terra molti millenni or sono semplicemente “entrando” negli esseri primitivi presenti sul nostro mondo in quei tempi, esseri compatibili con il loro “essere” più degli altri animali presenti. Noi non ce ne potremmo rendere conto, ma questa energia che chiamiamo anima, potrebbe essere la loro energia vitale, che ora sopravvive in noi e alla nostra morte fisica trasmigra in un altro essere vivente, in un altro uomo, per continuare a vivere per sempre. Certo, sono solo ipotesi ma, a mio avviso, molto affascinanti. Per avere più informazioni a riguardo, andate nella sezione “Clipeologia”.

Certo, il mistero rimane. Cos’è la mente umana? Difficile rispondere a questo quesito.

A destra:

Gatti dipinti nell’arco di quindici anni dal pittore schizofrenico Louis Wain. Il progressivo dissolvimento dell’immagine, fino ad una decorazione ad arabeschi confusa con lo sfondo, testimonia la lenta sgretolazione dell’equilibrio psichico. La serie di questi gatti rivela un mondo lontano dalla nostra realtà, un mondo la cui esemplificazione più viva possiamo forse trovare nel sogno. Ciò è una testimonianza di come i disturbi psichici possano rivelarsi anche nella produzione artistica.

 

 

gatti

 

dipinti A sinistra, alcune espressioni figurative di arte psicopatologica.

Il paziente, durante le crisi della sua malattia, riflette nelle immagini pittoriche il suo particolare stato d’animo, adeguando la realtà a questo. Le espressioni figurative degli psicopatici hanno una grande importanza clinica. questi quadri sono stati eseguiti da pazienti in ospedali psichiatrici.

 

Notiamo quasi un ritorno ad un’espressione artistica di carattere “infantile”, una sorta di regresso artistico. Come se, perdendo la “ragione”, emergano anche contemporaneamente i caratteri più istintivi “animaleschi”, sempre presenti nell’uomo ma, in condizioni normali, sopraffatti dalla razionalità e dall’ingegno (caratteri tipici dell’essere umano).