SCIENZA E PARANORMALE: A CHE PUNTO È LA NOTTE?

di Mario Bruschi

La mia personale posizione sul cosiddetto “paranormale” e in particolare sui fenomeni psi, cioè di percezione extrasen-soriale (ESP) o di psicocinesi (PK), è stata nel passato così sintetizzabile: o tali fenomeni sono illusori e quindi il problema non si pone, o se ne può provare sperimentalmente l’esistenza e allora è compito della Scienza e in particolare modo della Fi-sica studiarli.

danieldunglashomelevita[1]Ero comunque meravigliato dalla quasi generale man-canza di curiosità dei miei colleghi fisici per un possibile rivo-luzionario campo di indagine scientifica; sapevo naturalmente che esperimenti erano stati fatti dai “parapsicologi”, tuttavia oc-casionali scambi di vedute con colleghi “bene informati” mi avevano instillato forti dubbi sulla consistenza dei risultati otte-nuti sulla correttezza, sia delle procedure sperimentali, sia del trattamento statistico dei dati effettuato da questi “outsider” della scienza.

Insomma: la diffusa opinione nella comunità scientifica ufficiale era (ed è) che in realtà in tale campo non ci sia niente da studiare.

Eppure… eppure non potevo fare a meno di constatare, per esperienza personale e dai resoconti di conoscenti a me affidabili, che tali fenomeni non sono poi così poco diffusi, anzi sembra che dopotutto, in media, ogni persona almeno una volta nella vita sia venuta a contatto col “paranormale”, per lo più nella forma più blanda della ESP (sogni precognitivi, tele-patia, chiaroveggenza, coincidenze significative, etc.).

Inoltre, benché su tali cose si preferisca tacere nelle bio-grafie ufficiali, numerosi e importanti scienziati (e anche noti fi-losofi) hanno mostrato positivo interesse in tali campi “alternativi” a cominciare da I. Newton passando per W. Pauli per finire al premio Nobel B. Josephson (la lista è lunga anche senza tener conto di quanti, per timore della più che probabile opinione sfavorevole dei colleghi, hanno preferito autocensu-rarsi).

Un ulteriore motivo di sconcerto (ma pungolo per la cu-riosità scientifica) era la consapevolezza, da Fisico, che tali fe-nomeni (ESP e PK), che non avrebbero trovato alcuna possi-bilità di inquadramento o di spiegazione nella Fisica classica, non sono poi così in contraddizione con il framework concet-tuale della Fisica moderna: anzi, in connessione con il fonda-mentale problema della misura in Meccanica Quantistica, quasi tutti i fondatori di tale teoria (Plank, Einstein, Pauli, Schroedinger, de Broglie etc.) hanno sviscerato a fondo il pro-blema dell’interazione tra mente-coscienza e materia-realtà e la discussione è ancora quanto mai attuale.

Tuttavia, ancora inspiegabilmente, le speculazioni teori-che ed epistemologiche in un campo così fondamentale non si sono mai tradotte in ricerche sperimentali (salvo tre eccezioni, vedi ).

Un blando e saltuario e tuttavia faticoso excursus della letteratura sul “paranormale” accessibile ad un “profano”, scartando il palesemente inverosimile e/o fraudolento, navi-gando perigliosamente tra nebulosi esoterismi e resoconti aneddotici inverificabili e infalsificabili, mi aveva tuttavia con-vinto che lo stato dell’arte, per così dire, era pre-scientifico, as-somigliava stranamente alla congerie di fatti e osservazioni, al-cune rivelatesi poi proficue e gravide di conseguenze, altre irri-levanti, altre ancora semplicemente fantasiose, che possiamo rinvenire negli scritti di autori pre-scientifici diciamo fino al tardo rinascimento o, usando un limite certo convenzionale ma co-munemente accettato, fino a Galileo.

Quello che mancava era un punto fermo su cui innestare quel fruttuoso processo di accumulazione tipico della scienza che (senza la necessità di ripartire sempre da zero) potesse portare a una comprensione più profonda e possibilmente a una spiegazione teorica dei fenomeni stessi.

Mosso da questo insieme di motivazioni, sei anni fa ten-tai di verificare (propria manu) quei dati statistici riportati in altri studi (e ritenuti inaffidabili dai colleghi) con un esperimento ba-sato su test “classici” si telepatia e chiaroveggenza, avendo in più l’opportunità di usare un gruppo di soggetti che, per il par-ticolare training ricevuto, fosse sperabilmente sopra la norma ma tuttavia lontano dalla “professionalità” (con i pericoli con-nessi).

I risultati di tale esperimento in sé altamente significativi furono per me ancora più significativi in un modo inaspettato: infatti un resoconto dell’esperimento , fatto circolare tra amici e colleghi ed inviato al CICAP, mi ha procurato una sequenza di polemiche e arroventate discussioni costringendomi a passare da un impegno ed interesse “amatoriale”, come era stato il mio nel campo “paranormale” fino ad allora, ad un approfondimento e a uno studio più “professionale”.

E così, con mia grande sorpresa, ho scoperto che in realtà il punto fermo che stavo cercando già esiste: l’esistenza di fenomeni ESP e PK è stata provata sperimentalmente al di sopra di ogni ragionevole dubbio. La prova non ri-siede in un particolare eclatante esperimento ma nella rigorosa analisi statistica di dati sperimentali pazientemente accumulati negli ultimi 50 anni.

A quanti cominciassero a questo punto a mostrare segni di insoddisfazione ed insofferenza, devo ricordare che ogni prova scientifica di carattere sperimentale, a causa del non eliminabile margine di errore proprio di ogni tipo di misura, an-che macroscopica (classica), è intrinsecamente di carattere statistico, senza contare poi che nella Fisica microscopica mo-derna le leggi della probabilità e quindi della statistica sono parte integrante e fondamentale dello stesso apparato logico e teorico.

In altre parole, la meccanica quantistica è intrinsecamente probabilistica, ma anche in termodinamica, parte fondamentale della fisica classica, le leggi (o princìpi) sono di carattere statistico; detto in parole ancora più povere, se affermo che l’acqua in una pentola posta sul fuoco dopo un po’ di tempo inizia a bollire, certo affermo una banale verità scientifica facilmente verificabile nella esperienza giornaliera, eppure an-che tale “effetto” ha carattere statistico: in verità niente nelle leggi della fisica impedirebbe alla medesima acqua di congelare anziché di bollire (!): solo che la probabilità di quest’ultimo evento è così piccola che (è stato calcolato) ragionevolmente ci si aspetta che esso si verifichi più una volta in tutta la vita dell’Universo!

the brainPotrei fare numerosissimi altri esempi, anzi potrei portare ad esempio praticamente ogni “effetto” verificabile sperimentalmente nella scienza, ma il mio intento principale finora era di chiarire che la scienza ha necessariamente sviluppato potenti e sofisticati strumenti matematici per il trattamento statistico dei dati e in particolare per riconoscere se un qualche riscontro sperimentale e/o strumentale (una oscillazione anomala dell’ago del vostro strumento, un particolare conteggio, una particolare sequenza di tracce nella vostra lastra fotografica…) corrisponde (o non corrisponde) ad un effettivo fenomeno o è un effetto spurio dovuto a fluttuazioni della strumentazione, er-rori sistematici d impostazione o altre possibili fonti di disturbo (rumore).

In effetti ogni misurazione sperimentale si può concettualmente pensare come il riconoscimento o meno di un “segnale” dal (sopra il) cosiddetto “rumore di fondo”; tanto più piccolo è il segnale, tanto maggiore deve essere il numero dei dati su cui poggiare una analisi statistica capace di riconoscerlo (e tanto più sofisticata diventa l’analisi stessa).

È opportuno precisare che “segnale” e “rumore di fondo” nono intesi in senso analogico e mutuati dal linguaggio comune e dal mondo delle telecomunicazioni: in realtà il “segnale” potrebbe essere di volta in volta ad es. l’emissione neutronica nella fusione fredda, la particolare catena di eccitazione dei contatori che segnala un decadimento del bosone intermedio o la particolare sequenza di righe spettrografiche che ci indica la presenza di aminoacidi nella polvere interstellare. Tuttavia l’esempio più comprensibile, e quindi comune-mente usato, è tratto effettivamente dalle radiotrasmissioni: ognuno sa per propria esperienza che è facile e richiede poco tempo sintonizzarsi su un “segnale” forte (una stazione vicina o una particolarmente potente) mentre diventa sempre più fru-strante e laborioso se il segnale è debole e/o le condizioni non sono opportune (temporali, montagne, troppe emittenti su una stretta banda di frequenze: tutte circostanze che aumentano il “rumore” di fondo”).

Come caso limite, immaginate di essere uno di quei ra-dioamatori che cercano contatti con stazioni particolarmente lontane (e devono poi provare il contatto riferendo la sigla in codice del trasmittente): spostate delicatamente la manopola di sintonia tra “statica”, sibili e immancabili cra-cra (rumore di fondo), ed ecco: su questa frequenza sembra esserci qualcosa, ma sarà vero?

È chiaro che se ascoltate per pochi secondi probabilmente quello che vi sarà parso un flebile suono sopra il rumore non riapparirà, bisogna armarsi di pazienza, ascoltare più a lungo (cioè accumulare più dati statistici!) per poter sentire occasionalmente ripetersi un suono intelligibile e ancora più a lungo prima di poter “mettere insieme” un numero sufficiente-mente alto di “suoni” da poter riconoscere almeno la lingua e possibilmente la sigla del trasmittente.

Bene, in “parapsicologia” il problema principale e di vedere se nei vari esperimenti (tipo prevedere quale sarà la prossima carta estratta dal mazzo, alterare una serie di bip emessi da un generatore random, riconoscere una località lontana con le tecniche “ganzfeld”) c’è un “segnale” (ESP, PK)o tutto è solo rumore di fondo che in questo caso è essen-zialmente dovuto al caso.

In termini semplici ed espliciti, se in un esperimento indovino, diciamo, 600 volte su 1000 tentativi con che faccia (tasta o croce) cade una moneta, posso dire di possedere po-teri extra o ho indovinato solo per caso (diciamo pure, eufemi-sticamente, “fortuna”).

Notate che anche se una analisi statistica mi convincesse che i miei risultati non sono dovuti solamente al caso (che pure sarà una componente importante) non potrei poi dire che si ‘ trattato di “precognizione”, cioè se in qualche modo sapevo prima cosa sarebbe uscito, oppure di “telecinesi”, per cui avendo detto testa , con i miei poteri mentali di controllo sulla materia faccio sì che esca effettivamente testa.

Questo è un punto importante da sottolineare: non sap-piamo se la telepatia o la precognizione o la telecinesi esistono (né tantomeno come funzionano); ciò che è stato provato è che “sicuramente i risultati ottenuti nell’insieme degli esperi-menti esaminati non sono spiegabili ammettendo l’azione delle sole leggi del caso” [(dove sicuramente è ovviamente usato in senso statistico e quindi significa che è estremamente, estre-mamente (questo lo vedremo dopo) improbabile il contrario, ciò che gli stessi risultati siano realmente ottenuti per caso (come l’acqua che riscaldata diventa ghiaccio…)]

Ergo: deve esserci in opera un altro fattore (possiamo tranquillamente chiamarlo ESP o PK ma finora sono solo nomi!).

In altre parole quello che è stato provato è di nuovo l’inequivocabile presenza di un “segnale” ben sopra il “rumore di fondo”.

La natura e le caratteristiche del “segnale” sono ancora largamente sconosciute, a parte il fatto che si tratta di un se-gnale debole (spesso molto debole): ad esempio negli esperi-menti PK condotti per più di un decennio presso la School of Engeneering and Applied Science della Princeton University (nell’ambito del programma PEAR = Princeton Engeneering Anomalies Research) solo un bit su 500, in media, è risultato influenzato dai soggetti esaminati (spero comunque che la precedente chiacchierata sia servita almeno a rendere chiaro anche a un profano che la debolezza del “segnale” non mette in discussione la certezza che ci sia un “segnale”).

ESPEvidentemente non posso qui inoltrarmi nei dettagli e negli esperimenti e nella trattazione statistica dei dati speri-mentali e neppure riportare in dettaglio la ormai copiosa biblio-grafia¸ mi limiterò a segnalare per gli interessati pochi riferi-menti che contengono essi stessi esaurienti riferimenti biblio-grafici (vedi note 1,3,4). Tuttavia in qualche modo devo, pur se succintamente, riferire e in parte spiegare i principali risultati. Il primo e forse anche il più comprensibile indicatore per vedere se un certo effetto è dovuto o meno al caso è di calcolarne a priori (se possibile) o di valutarne a posteriori sperimentalmente (cioè dai dati stessi: è possibile!) la cosiddetta probabilità di casualità.

Forse è bene fare un esempio.

Supponiamo di giocare a testa e croce e che il nostro amico-avversario Pippo vinca 6 volte su 10 lanci chiamando sempre testa (questo è ininfluente ma facilita l’esposizione); vogliamo calcolare la probabilità di casualità di questo evento, anche per rassicurarci che la vincita di Pippo sia onesta.

Bene, una semplice formula matematica ci dice che, se la moneta non è truccata e il lanciatore non ha barato in qual-che modo (cioè se solo il caso è in azione), la probabilità di ottenere 6 successi su 10 tentativi è pari a 2.05*10-2, cioè il 20,5%. Tuttavia non è ancora questa la probabilità di casualità perché devo tenere in conto che Pippo avrebbe potuto vincere anche più di 6 volte, quindi si deve sommare anche questa probabilità alla precedente, ottenendo 3.75*10-2 cioè il 37,5% che è quasi il doppio della precedente ed è così alta da farci dubitare (finora) della correttezza del gioco [per inciso abbiamo imparato che la probabilità di casualità (che chiameremo da ora pc) è dunque la probabilità a priori di avere almeno il nu-mero di successi conseguiti o in altre parole la probabilità di avere m o più di m successi su N tentativi].

Ma supponiamo di continuare a giocare e che Pippo continui a vincere con lo stesso ritmo, cioè mantenendo la stessa percentuale.

Così su 100 lanci saranno venute 60 teste e su 1000 lanci 600 teste invece delle 500 (circa) che ci aspetteremo.

Fermiamoci al centesimo lancio e calcoliamo di nuovo la probabilità di causalità ottenendo pc=2.84*10-2 cioè meno del 3%: la cosa comincia ad essere sospetta! calcoliamo tuttavia ancora al millesimo lancio la probabilità di 600 teste e abbiamo pc=1.36*10-11, vale a dire un risultato che ci aspetteremmo di trovare per caso una o due volte su cento miliardi di sfide fra noi e Pippo!.

Certo può essere ancora un caso, ma ragionevolmente credo che ognuno sospetterebbe a questo punto o che la mo-neta sia leggermente più leggera dalla parte testa o che Pippo sia un abile e infido prestigiatore: non sappiamo cosa sia suc-cesso ma siamo convinti che non è stato un caso!

L’esempio mostra anche l’importanza di ampliare suffi-cientemente la base-dati ovvero di ripetere un numero suffi-cientemente grande di volte l’esperimento: se ci fossimo fer-mati ai primi 10 lanci o anche ai primi 100 non avremmo sco-perto l’inganno! e questo è tanto più importante quando l’effetto è piccolo, come usualmente accade in parapsicologia: i singoli esperimenti possono essere anche poco significativi o con risultato nullo o addirittura negativo, è l’insieme degli esperimenti che acquista una dimensione tale da avere la “forza” statistica necessaria a rivelare il “segnale” (l’esistenza della PSI: sfortunatamente molti ricercatori in questo campo facilmente se lo dimenticano nel progettare un esperimento così e pure, purtroppo, molti -sedicenti- “controllori”).

Diamo solo un esempio riportando i grafici dei dati via via accumulatisi dell’esperimento RMC alla Princeton University .

Per mostrare un effetto PK le tre linee BL, PK+ e PK- do-vrebbero divergere, con PK+ sopra la baseline BL, a sua volta sopra PK-; in verità è proprio quello che le curve fanno, ma lo fanno in modo ondivago e soprattutto lo fanno chiaramente solo al crescere dei runs (singole prove): per un basso numero di prove l’effetto h è poco visibile, quando non temporanea-mente invertito; eppure la probabilità di casualità finale dell’esperimento RMC è dell’ordine di una su un milione e quindi ben significativa.

Ma quali sono in definitiva i dati globali della ricerca PSI? Partiamo dal PK: D.Radin e R.Nelson, entrambi della Prince-ton University, in un articolo pubblicato sul Foundations of Physics (!), hanno analizzato 152 reports di 68 diversi investi-gatori descriventi 597 (recenti) studi sperimentali e 235 di con-trollo riguardanti la influenza diretta della coscienza su sistemi microelettronici (il cosiddetto micro-PK). La probabilità di ca-sualità calcolate è pari a pc=10-35 cioè una su cento milioni di miliardi di miliardi di miliardi! per capirci è la stessa possibilità che il rosso esca 115 volte di seguito alla roulette o lo zero 22 volte di seguito: di nuovo, se questo accadesse in una sala da gioco diremmo che la roulette è truccata; in questo caso di-ciamo che tali risultati non possono essere frutto del caso, un altro fattore (che chiamiamo micro-PK) è in azione, un forte segnale PSI è stato captato ben al di sopra del rumore di fondo! Veniamo quindi alla macro-PK dove le eventuali modifi-cazioni dovute alla coscienza e alla volontà dell’operatore opera su oggetti shutterstock_93912859macroscopici e quindi non coinvolgono (almeno di-rettamente) effetti quantistici. In questo campo gli unici espe-rimenti di cui abbiamo documentazione attendibile e sufficien-temente rumorosa riguardano il lancio di dadi ove il soggetto (l’operatore) tenta o di far cadere dei dadi in apposite griglie (vedi RMC del PEAR – nota 3) o di far “uscire” una particolare faccia del dado. Riguardo questo ultimo tipo di esperimenti, D:Radin e D:Ferrari hanno analizzato 148 studi sperimentali condotti da 39 diversi ricercatori con il concorso di circa 2500 soggetti-operatori per un totale di quasi 2.5 milioni di lanci (di dado); la relativa probabilità di casualità risulta essere (sorprendentemente) ancora più piccola (migliore) di quella già stupefacente del micro-PK: pc=10-70 (!!!). Per chi non ha fee-ling con la matematica esporrò di nuovo a parole il significato di tale numero: per ottenere per “caso” lo stesso risultato di questi esperimenti, dovrei ripeterli circa dieci milioni di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte; è più o meno la (famosa) probabilità che una scimmia battendo a casaccio sui tasti di una macchina da scrivete ri-scriva, per caso, la “Divina Commedia”!

E per quanto riguarda l’ESP?

Una analisi dei soli studi in lingua Inglese sulla preco-gnizione, condotti comunque da 69 diversi ricercatori con la partecipazione di 50000 soggetti per un considerevole data-base di due milioni di tentativi porta ad una probabilità di ca-sualità pari a pc=10-24 mentre i soli recentissimi studi su te-lepatia & chiaroveggenza condotti con tecniche ganzfeld danno una probabilità di casualità di pc=10-12 .

Per ovvie ragioni in questa relazione mi sono limitato a ri-portare il più semplice indicatore (la probabilità di casualità) evitando per semplicità di parlare di altri e più potenti strumenti statistici; epperò farò brevemente due eccezioni. Primo, esiste un utile indicatore statistico che misura la relativa debolezza o forza del segnale rispetto al fondo con un numero, detto in in-glese effect size, che va da 0 a 1; ebbene, gli effect sizes cal-colati negli studi già citati variano da un basso 0.0003 per la micro-PK a 0.01 per i dadi a 0.002 per la precognizione ad un alto 0.29 per le tecniche ganzfeld.

Benché intrinsecamente piccoli (a parte il ganzfeld) questi numeri sono paragonabili a quelli ottenuti in ricerche ac-cademicamente accettate e spesso acclamate specialmente in campo sociologico, psicologico e/o psicoterapeutico, medico e/o farmacologico. Possiamo ad esempio ricordare uno studio che ebbe grande risalto e pubblicità perché dimostrava che la comune aspirina previene efficacemente l’infarto : eppure il suo relativo effect size è di appena 0.03 cioè di poco più grande di quello della precognizione ma di molto inferiore a quello relativo al ganzfeld!

Ma c’è di più: proprio la necessità di avere sicure valuta-zioni in aree come la ricerca sociologica o psicologica in cui i presunti effetti sono deboli, controversi e difficili da ripetere, ha portato alla fine degli anni ‘70 allo sviluppo di nuove procedure e metodi statistici che ora sono conosciuti con il nome com-plessivo di meta-analisi: e proprio le ormai ben collaudate tec-niche della meta-analisi applicate recentemente in campo pa-rapsicologico hanno posto un “alt” definitivo a una serie di criti-che e di merito e di metodo che usualmente vengono fatte alle indagini sul “paranormale”; è stato infatti provato che nessuna di queste critiche usuali, spesso pedissequamente riportate come decisive e “scientifiche” dai mass media, è più sosteni-bile alla luce della meta-analisi dei dati sperimentali (come ha ammesso lo stesso R.Hyman, acuto e duro critico della ricerca PSI, dopo la lunga e ormai celebre querelle con C.Honorton, il padre delle tecniche ganzfeld (4).

In particolare è risultato che:

non è vero che la bontà dei risultati dipende dal ricercatore (demolendo la sottintesa insinuazione di frode, cosciente o meno, da parte dei ricercatori “fortunati”);

non è vero che i risultati sono irripetibili e che in particolare i risultati positivi tendono a scomparire con l’aumentare della si-curezza dei protocolli e la severità dei controlli;

non è vero che gli stessi risultati positivi possono essere vani-ficati da altrettanti negativi o nulli che i ricercatori si sono ben guardati dal rendere pubblici (questa è a priori una accusa molto seria e molto insidiosa: è il cosiddetto problema dei files nel cassetto; ma solo per dare un esempio, nella nota 1 è stato calcolato che a fronte dei 597 studi esaminati, ci vorreb-bero ben 54000 studi sconosciuti e negativi per riportare i dati della “normalità” (leggasi casualità)!

In definitiva e per concludere parafrasando Galileo, con la ricerca sperimentale sulla psi abbiamo posto una domanda (inusuale) alla Natura; possiamo ora affermare che la risposta della Natura è chiara e inequivocabile: “si, i fenomeni PSI esi-stono”. È tempo quindi, anche e specialmente per noi scien-ziati, di accettare tale risposta e dalla stessa ripartire con nuove domande e nuovi esperimenti. Le prossime ricerche non pos-sono, non devono ripetere ad infinitum le esperienze del pas-sato; quello di cui abbiamo bisogno adesso è di cominciare a capire non se gli effetti psi esistono ma come funzionano: ab-biamo bisogno ora un minimo di teoria, di un nuovo para-digma, necessariamente tentativo agli inizi, che serva comun-que da guida per gli esperimenti futuri.

Qualche timido passo in questa direzione è già stato fatto (3) avendo quasi sempre come base e/o riferimento la meccanica quantistica; del resto è proprio in questa teoria che la Fisica, partita nel 1600 dallo studio del mondo esterno, della cruda materia come altro completamente separato dal mondo interno “coscienziose”, è giunta ora al confine ove Io e non-Io si toccano. Certo, io credo, i fenomeni psi si trovano al di là di quel confine, ben dentro il campo della coscienza e forse la fi-sica non è ancora pronta e può anche darsi che non abbia neppure gli strumenti adatti per addentrarsi in tale campo.

Eppure, con molta fantasia e pazienza, questi strumenti devono essere inventati: è necessario ed anche inevitabile che questa esplorazione abbia inizio.

Tuttavia la storia, anche recente, ci insegna che in ogni settore della ricerca scientifica la rapidità e l’entità dei progressi dipende sì dall’ingegno dei singoli, ma molto di più al numero dei ricercatori e della consistenza delle risorse impegnate nella ricerca stessa.

Purtroppo sotto questo riguardo la situazione attuale è miserrima in generale e lo è particolarmente in Italia… e non si intravedono cambiamenti nell’immediato futuro né da parte delle strutture pubbliche né da parte dei sempre auspicati, ma finora fantasmatici privati mecenati.

Summary:

SCIENCE AND PARANORMAL:

AT WHICH POINT IS THE NIGHT?

by Mario Bruschi

che cosa è la “bilocazione”?

La bilocazione è considerata un fenomeno paranormale, per il quale una persona ha l’impressione di essere contemporaneamente in due luoghi diversi. Oppure, senza che lei sappia, è vista contemporaneamente da altre persone in posti differentisotto forma di “doppio”, là dove non si trova il suo corpo.

La parola bilocazione deriva dall’agiografia dei santi, che riporta numerosissimi casi bilocativi capitati a persone venerabili, tanto che il fenomeno sembra essere a loro proprio, tanto che potrebbe addirittura accreditarne la santità.

Per esempio, di sant’Alfonso de’ Liguori si dice che avesse confortato personalmente gli ultimi istanti di vita di papa Clemente XIV rimanendo per due giorni in estasi nella lontana sua casa di Arienzo.

I biografi di sant’Antonio da Padova hanno raccontato che una volta, mentre predicava ad Aslon, un paese della Spagna, fosse caduto improvvisamente in stato estatico e si fosse risvegliato dopo circa un ora. Il santo si sarebbe scusato con gli astanti dicendo di aver dovuto recarsi a Padova per scagionare suo padre dall’accusa di omicidio.

Una nota tradizione vuole che san Francesco Saverio, durante una tempesta incontrata nel mare della Cina, avesse condotto in salvo una scialuppa con quindici persone pur restando sul ponte della nave dove fu continuamente visto da molti marinai.

La beata suor Maria del Gesù di Agreda, secondo molte testimonianze avrebbe evangelizzato una tribù di indios del Nuovo Messico senza aver mai lasciato il convento della sua città spagnola.

Sono soltanto alcune delle notizie riguardanti persone venerabili che si sarebbero bilocate. Più recentemente, si sono avute notizie di episodi bilocativi riguardo alla figura di Padre Pio da Pietrelcina. Molte di queste, pur mancando di elementi documentali seri, raccontano come il santo frate fosse corso in aiuto ad ammalati, specialmente a donne partorienti in difficoltà. La sua figura inoltre, sarebbe stata visualizzata oppure chiaramente vista da molti all’interno di chiese o di ospedali, negli anni in cui il frate era ancora in vita ed in quelli posteriori alla morte.

Da un punto di vista paranormale la bilocazione, chiamata anche “esperienza extrasomatica” (in inglese: “OOBE”, out of the body experience) avrebbe come base sempre lo sdoppiamento, vero o apparente che possa essere, di una persona in due corpi, uno materiale l’altro immateriale (o semimateriale) composto di una materia più sottile e talvolta invisibile anche alla persona stessa.

Lo studioso italiano Giuseppe Cazzamalli distinse due tipi di bilocazione: la oggettiva quando la persona è vista contemporaneamente da testimoni in luoghi differenti, e soggettiva se si tratta dell’esperienza personale di un individuo o se la sua immagine appare per allucinazione ad un’altra persona. In realtà, tuttavia, non si può affermare con certezza l’identificazione dei fenomeni bilocativi a causa della sua complessità fenomenica.

Generalmente i parapsicologi distinguono almeno sei modalità diverse di estrinsecazione:

1) Durante il fenomeno la persona mantiene la piena coscienza di se e percepisce il proprio doppio vicino al proprio corpo materiale. La celebre studiosa statunitense Celia Green ha dato il nome di “autofanìa” a questa eventualità.

2) La coscienza della persona bilocata si trasferisce sul suo doppio ed osserva il corpo materiale come dormiente.

3) La persona non possiede coscienza di quanto avviene durante il fenomeno, quasi fosse pervaso da un senso di torpore. In questi casi, i testimoni osservano anche il doppio e la persona, alla fine dell’evento, non ricorda assolutamente nulla.

4) La persona sogna, durante lo stato onirico viaggia e visita luoghi anche ignoti ed incontra individui con i quali riesce a rapportarsi in qualche maniera.

5) La persona tenta volontariamente di mettersi in comunicazione mentale con persone lontane. Spesso ha la consapevolezza di dovere compiere un viaggio per raggiungerle.

6) La persona, in stato di sonno naturale o in stato di trance, lascia il suo corpo per visitare un mondo ultraterreno dove incontra personaggi defunti. Quest’ultima classificazione non comprende rigorosamente tutti i casi testimoniati, perché alcuni di essi si presentano molto complessi e in genere sono accompagnati da altre fenomenologie parapsichiche.

Fatti narrati da grandi personaggi

Del letterato francese Guy de Maupassant si racconta che un giorno del marzo 1889, mentre era al lavoro nel suo studiolo, vide aprirsi la porta ed entrare il suo doppio corporeo il quale, sedutosi di fronte a lui, gli dettò un lungo brano per il racconto che stava scrivendo.

Nel 1928 Charles Richet, il famoso studioso di fisica e di fatti paranormali, descrisse uno strano episodio capitato ad un viaggiatore di commercio olandese. Questi, dopo aver avuto una crisi cardiaca in una stanza d’albergo di Londra, avrebbe osservato dall’alto del soffitto della camera il proprio corpo immobile e disteso sul letto. Credendosi morto, il viaggiatore pensò subito a chi avrebbe lasciato e, nel medesimo tempo, si sarebbe trovato incapace di muoversi dalla posizione sopralevata. Solo dopo circa due ore gli sarebbero arrivati i soccorsi e solo in quel momento l’uomo avrebbe ripreso coscienza normale di se ricordando, fino nei minimi particolari, ciò che era accaduto.

Lo studioso russo Alexandr Aksakov riportò un altro episodio che fa presumere il verificarsi di un evento bilocativo. In un collegio femminile della Livonia, nella città di Volmar, insegnava una maestra francese, tale Emilienne Sagée. L’insegnante era spesso vista dalle allieve contemporaneamente in luoghi differenti. In una occasione, mentre scriveva su una lavagna, le allieve avrebbero notato accanto a lei un altro suo corpo che ne ripeteva i gesti. Un’altra volta la Sagée fu osservata cogliere dei fiori in giardino e nello stesso tempo stare seduta alla cattedra di un aula. La maestra sarebbe stata consapevole di essere soggetta a tali fenomeni, ma non si sarebbe accorta quando avvenivano.

E’ pure noto l’episodio di Wolfgang Goethe. Questi mentre era in compagnia di un amico, avrebbe visto lungo una strada un conoscente in veste da camera che si comportava in modo assai strano, mentre costui avrebbe dovuto essere a chilometri di distanza. Credendo che la visione fosse un annuncio di morte, Goethe si sarebbe poi ricreduto nel vedere vivo e vegeto l’amico pianista, il quale poco prima si era cambiato in casa gli abiti inzuppati dalla pioggia.

Un caso abbastanza recente è quello riportato dalla rivista inglese “Light”, è di un cassiere di banca londinese che fu visto più volte al posto di lavoro mentre invece era in ospedale gravemente ammmalato.

Il famoso studioso tedesco del paranormale Schrenck Notzing riferì che un pomeriggio, camminando davanti all’abitazione di una famiglia amica, pensò di mettere alla prova una ragazza abitatrice della casa che dimostrava eccellenti doti di sensitività. A suo dire, lo studioso si sarebbe concentrato mentalmente per fare uscire nel giardino la donna, ma non avendo ottenuto alcun risultato per circa mezz’ora, avrebbe continuato a passeggiare. Soltanto il giorno seguente Notzing apprese di essere stato visto all’interno della casa e di aver salutato gentilmente la ragazza e i suoi famigliari intrattenendosi con loro tutti per quasi un’ora.

L’autorevole “Giornale della Società Americana per la Ricerca Psichica”, nel settembre del 1973 pubblicò una relazione edita dalla stessa rivista circa due decenni prima. Relatrice ne fu una studiosa di bilocazione, la professoressa Marion Campbell dell’Università di Yale, la quale tentò di dare al fatto una giustificazione scientifica.

Si narrò che una donna, caduta in coma da giorni a causa di una grave malattia, si fosse alzata dal letto di fronte ad alcuni parenti nella camera d’ospedale. Questi la videro improvvisamente in piedi davanti al letto, poi, dopo aver salutato con un cenno del capo i presenti, dirigersi all’uscita principale del nosocomio ancora in pigiama, in assoluto silenzio. Il personale ospedaliero, consultati i parenti, l’avrebbe lasciata uscire dall’edificio, ma essa sarebbe tornata nel letto dopo pochi minuti, dopo avere fatto a piedi il giro completo dell’isolato. Tornata nella stanza, la donna, tale Ernestine Tusmann, di sessantatre anni, sarebbe morta il giorno seguente senza riprendere conoscenza. La figura della donna sarebbe apparsa agli astanti come diafana, quasi trasparente, e tutti avrebbero notato la presenza di un altro corpo disteso sul letto mentre si sarebbe verificato l’evento.

Un episodio simile si sarebbe verificato in Germania nel 1939. Protagonista tale Gutrun Veltig, di ottantasette anni, degente nel nosocomio civico della città di Stoccarda. Mentre la donna stava riposando su una poltrona, il suo corpo si sarebbe alzato, “sdoppiato” ed avrebbe cominciato a danzare leggiadramente con presunti personaggi, invisibili al personale medico ed infermieristico presenti all’evento. La stessa donna, rientrata nel suo corpo, affermò di avere viaggiato attraverso un paesaggio fiabesco bellissimo e gioioso, e che sarebbe rimasta delusa quando una voce le avrebbe intimato di ritornare nel corpo. Il fatto fu riportato dal mensile austriaco “Psyche”, nell’edizione del dicembre 1962. Naturalmente si ritiene che questi ultimi siano descrizioni che non mancano di elementi romanzeschi, che non siano controllabili e che, pertanto, suscitino (come peraltro hanno fatto) la diffidenza degli studiosi più rigorosi.

La già citata professoressa Celia Green, nel 1966 esaminò e studiò circa quattrocento risposte ottenute da un’inchiesta giornalistica commissionata dall'”Istituto di Ricerca Psichica” di Boston sui fenomeni di bilocazione. Dallo studio risultò che le OOBE avvengano in circostanze assai diverse tra loro. Green introdusse la nozione di uno stato fisiologico chiamato “asomatico”, durante il quale le persone in bilocazione avrebbero l’impressione di essere fuori del loro corpo in uno stato di coscienza disincarnata.

In poche altre circostanze le persone bilocate, ha sostenuto la Green, manterrebbero un legame con il corpo fisico e ne avvertirebbero le sensazioni in modo molto distaccato che non inficerebbe sul generale senso di libertà, caratteristico di quasi tutte le bilocazioni. La studiosa statunitense ha rilevato dall’inchiesta che talvolta la persona ha l’impressione di avere due coscienze, una per ognuno dei suoi due corpi, collegate in maniera inesprimibile.

La azioni telecinetiche da parte del doppio corporeo sarebbero rare per la Green, ma nel suo rapporto ha citato alcuni casi che sembrano essere sintomatici dell’eventualità. Uno di questi avrebbe riguardato un motociclista che si sarebbe sdoppiato mentre stava conducendo il proprio mezzo a buona velocità, potendo vedersi nonostante continuare a condurre la moto. In altri casi gli intervistati avrebbero riferito di essersi trovati, durante “lo sdoppiamento”, in luoghi ed ambienti fantastici o di aver incontrato parenti od amici già defunti.

Più rara, ma pure presente nei racconti di OOBE, sarebbe la sensazione per cui una persona si sentirebbe unita al suo corpo fisico da una sorta di legame invisibile, la celebre “corda d’argento”, nonché di sapere e di poter capire tutto del mondo esterno. L’antica casistica delle bilocazioni sarebbe stata pertanto in gran parte confermata dagli studi di Celia Green studi che, peraltro, sono rimasti una pietra miliare della ricerca sul paranormale.

Sotto il profilo simbolistico, il concetto di “doppio” potrebbe offrire alcuni validi ragguagli interpretativi. Il doppio è allegoria universale dell’opposizione e del conflitto, e nel medesimo tempo della riflessione e dell’equilibrio mentale. Le civiltà primordiali ne fecero attributo specifico della Grande Madre nelle sue ambivalenze e nella sua bipolarità, manifestò tutto ciò che fu considerato antagonista e che, da latente e nascosto, diviene palese. Il doppio fu altresì considerato il simbolo del dualismo, sul quale era fondata ogni dialettica ed ogni movimento. Nella simbologia iconografica un’immagine “doppia” rafforza la valenza simbolistica della stessa oppure, al contrario, ne mostra le divisioni che la indeboliscono.

Cosa è la “psicomiletica”?

PRINCIPI FONDAMENTALI DI PSICOMILETICA

di Armando Pavese

 

Psicomiletica è identità scientifica e non spiritica

La psicomiletica è un modello scientifico avanzato della “parapsicologia scientifica” di cui potrebbe assumere l’eredità considerato il suo progressivo tramonto. La ragione che conduce a questo progetto è duplice:

? da una parte è la constatazione che il termine “parapsicologia” è nato come compromesso storico fra interpretazione scientifica e spiritualistica del fenomeno paranormale. Perciò non ha mai potuto assumere il ruolo di scienza “autentica” che presuppone uno sganciamento assoluto fra credenze religiose e scienza. Molti, troppi “parapsicologi” erano in effetti alla ricerca di una “prova” personale di comunicazione con defunti o un mondo sovrasensibile di “maestri”. Cosa che deborda dall’oggetto della scienza.

? dall’altra è che in questa commistione la parapsicologia è “oggi” il punto più debole e lo spiritismo, lo spiritualismo newageniano, i professionisti dell’occulto ormai hanno preso in ostaggio la parapsicologia e la usano per presentarsi come filone “scientifico”, vale a dire: vogliono usare la parapsicologia come mezzo per dimostrare la sopravvivenza. Oggi i rappresentanti del filone newageniano si dichiarano “parapsicologi” e “non spiritisti”. La scienza non può accettare simili compromessi da chi, fino a ieri, si è dedicato alle sedute medianiche, con scrittura automatica o con l’uso del registratore, fideisticamente; comunque l’interpretazione spiritualista non interessa la scienza.

Chi oggi propende per un’interpretazione spiritica o magica può abusare del termine “parapsicologo” ma non può ne potrà mai definirsi “ricercatore di psicomiletica” (a meno di non assumersi anche automaticamente la patente di cialtrone) perché psicomiletico sottintende una connotazione ben precisa e inconfondibile di scientificità.

Infatti la psicomiletica, il cui modello, in base alla psicologia del profondo e alla moderna scienza della comunicazione, ho presentato nei miei libri, è rigorosamente scientifico; vale a dire che esclude ogni interpretazione culturale, cioè: sia magica, sia spiritica, sia spiritualistica e anche religiosa. L’autore di queste righe è cattolico praticante e, proprio in quanto tale, dà un taglio netto ad ogni confusione. Essendo l’autore convinto che la scienza, per essere veramente tale, non possa andare contro Dio e anzi che il ricercatore non possa non essere sottomesso a Dio (in quanto questo è Creatore di tutto), si sente anche in dovere di difendere ogni tentativo di strumentalizzare un fenomeno “naturale”, come quello psicomiletico, contro tutte le interpretazioni spiritualiste.

Essendo l’essenza del fatto paranormale il comunicare, ho assunto il vocabolo greco omileo, che vuol dire comunicare, ed essendo questa comunicazione attuata a livello inconscio, cioè attraverso la psiche, avremo, come risultato, che il termine psicomiletica significa comunicare con la psiche inconscia.

IL FATTORE DI COMUNICAZIONE

La molteplicità dei casi pratici porta a distinguere teoricamente fra telepatia, chiaroveggenza, precognizioni e psicocinesi che, in effetti, possono essere riassunti in un legame che è territorio comune di tutti questi fenomeni.

Questo “legame” si individua nel fatto che l’essenza del fatto psicomiletico è la comunicazione inconscia di un messaggio che sale alla luce della coscienza con diverse metodologie quali: la percezione mentale, l’allucinazione, l’azione sulla materia. In questo ambito ho individuato un “comune denominatore” di tutta la fenomenologia psicomiletica per quanto riguarda lo spazio. Sembra paradossale includere la precognizione, che riguarda il fattore tempo, in un ambito spaziale. Tenterò di riassumerlo più avanti, anche se sono conscio che sintetizzare un pensiero già sintetico è impresa ardua.

Ogni fatto psicomiletico ha una ”causa” che ha ben salde radici nella nostra vita: Queste sono date dagli stimoli dell’esistenza, cioè da fatti significativi che possono “innescare” una comunicazione inconscia. Questi fatti sono l’interesse personale, l’emotività propria del soggetto, le situazioni con componenti emozionali transitorie, i traumi, gli stati conflittuali psicotici e nevrotici, lo stato di pericolo e di morte, i vincoli di affettività, i rapporti di amicizia e di parentela, gli ambiti culturali mistici, magici, spiritici con componenti conflittuali.

Lo “stimolo esistenziale” è perciò un fatto concreto della vita che ha la prima origine nell’Io cosciente. Da questo “stimolo” della vita cosciente scaturisce un riflesso nel nostro inconscio che costruisce delle motivazioni profonde cioè gli psicodinamismi che si traducono concretamente in un impulso originario inconscio che genera la comunicazione inconscia o fatto psicomiletico.

Questo impulso originario inconscio, che denomino fattore di comunicazione (F. di C.) è quello che scaturisce in assenza della volontà cosciente e che produce il fatto psicomiletico che così viene ad avere un’unica causa. Cade così la distinzione in telepatia, chiaroveggenza, precognizione, psicocinesi che rimane solo per indicare una diversa manifestazione dello stesso fenomeno.

ANIMA SPIRITUALE E ANIMA PSICOLOGICA

La scienza ha individuato la psiche cosciente e inconscia protagonista della vita terrena, delle sensazioni, dei linguaggi simbolici, della creatività e della suggestione.

Denomino questa dimensione umana con l’appellativo di anima psicologica. In particolare l’inconscio è la parte della anima psicologica che sfugge al controllo della volontà e della razionalità. L’inconscio è concepito in modo diverso dai vari studiosi ma è comunque la parte più misteriosa e insondabile della dimensione terrena. Nel concetto di “psiche” molti filosofi o movimenti materialisti hanno concentrato tutto l’essere umano. In questa visione l’uomo non ha sopravvivenza, non ha trascendenza e tutto finisce con la morte del corpo.

Secondo la fede cristiana, San Paolo distingue fra “anima” e “spirito” salvaguardando sempre l’unione, in ogni persona, delle due realtà. In concreto si distingue fra anima (come principio che anima il corpo) e spirito (principio che unisce l’uomo a Dio) che sono in ogni individuo, unici.

All’ordine superiore (nel senso di creatura di Dio, forma dell’uomo) appartiene invece l’anima spirituale che, per i credenti, è il principio di vita donato da Dio e destinata alla vita eterna. “L’anima spirituale” è la parte di noi che sopravvive in eterno. L’uomo con la sua libera scelta può aderire al progetto di Dio e può aprirsi alla sua Grazia; trasforma cioè la sua vita usando “l’anima psicologica” in modo intelligente come strumento di crescita per aderire ad una vera spiritualità che prescinde da una creatività deteriore. “L’anima psicologica” e quella “spirituale” sono, nel mio pensiero, un tutt’uno di inscindibile” al cui centro esiste l’anima spirituale come essenza superiore che non partecipa ai progressi psicofisiologici ma che riflette la sua luce sull’anima psicologica. Questa è la protagonista delle esperienze esistenziali subendo in tal modo le conseguenze dei “traumi psicologici”, dei conflitti “inconsci”, dei “drammi della follia”, dell’emotività, degli stati di morte ed è la zona umana in cui hanno vita gli stimoli esistenziali che poi si traducono in impulsi originari inconsci cioè nel fattore di comunicazione.

Dunque “l’anima psicologica” è il crogiolo dei fatti psicomiletici che rispondono ai bisogni emotivi, patologici dell’essere umano e che perciò non hanno niente a che fare con la sfera spirituale.

NUOVE FRONTIERE DELLA PSICHE

L’unica alternativa alle ipotesi culturali (spiritica, magica, spiritualistica, ecc.) per spiegare i fatti psicomiletici è un modello scientifico la cui esposizione è stata fatta parzialmente nelle pagine precedenti. Un “modello scientifico” è un contenitore che si deve adattare perfettamente a tutta la fenomenologia. Nell’esposizione che ho fatto mancano ancora spazio perché il contenitore sia formato. Sono spazi che accenno solo per una necessaria sintesi rimandando al mio “Manuale di parapsicologia” chi ne fosse interessato. Si devono presupporre due zone psichiche: una individuale e una di carattere collettivo.

La prima è facilmente e prestamente individuata in un Io inconscio intelligente e patologico che possa produrre una attività psichica intelligente inconscia. Questa si individua in una “dissociazione” più o meno marcata a seconda dei casi. Questa zona, che corrisponde a quella ben conosciuta in psicopatologia, emerge quando si verificano autentici fatti psicomiletici ma si trova anche (a parte le patologia veramente tali) nei fatti valutati erroneamente come psicomiletici in quanto corrispondono solo ad una creatività. Valga per tutti la scrittura automatica che di per sé è solo un fatto creativo in stato di dissociazione più o meno palese ma che può condurre a fenomeni veramente psicomiletici (che corrispondo a precisi “stimoli esistenziali” come conflitto personale o a situazioni di credenza culturale).

La seconda zona psichica è di carattere collettivo e parte dalla raffigurazione della psiche umana come un’isola che emerge sopra al mare alla luce del sole (coscienza). L’isola è costituita da un corpo continuo, una basa che si inabissa nel mare e man mano che si immerge si allontana dalla luce e tutto diventa più oscuro (passaggio dall’io cosciente all’inconscio). Fin qui lo schema è classico.

Il modello si struttura poi sulla casistica storica, sull’esperienza di studio dell’autore, sui fatti vissuti personalmente dallo stesso e ipotizza tre tipi di “legami” che uniscono queste isole. Tre legami che sono definiti simbolicamente “l’Acqua”, “il Limo”, “la Terra”.

1) L’Acqua che unisce idealmente dalla superficie fino al fondo, cioè dalla coscienza fino all’inconscio profondo, ma nello stesso tempo separa.

“L’Acqua rappresenta lo psichismo generale inconscio che separa i singoli corpi, le basi profonde (inconsci individuali) ed ha le caratteristiche seguenti:

? Non è collettivo e “non” costituisce un’entità unica che annullerebbe la singolarità degli inconsci individuali. Lo psichismo generale separa ma all’occorrenza collega. Collega quando dall’inconscio individuale (isola) parte un “impulso originario inconscio” (F. di C.) che è attivato da uno “stimolo esistenziale”. Il F. di C. è la vera essenza del fenomeno paranormale.

? Non è dinamico perché non collega stabilmente le une alle altre psichi. Questo risponde all’esigenza naturale di evitare l’interferenza reciproca con un flusso continuo di informazioni. Lo “psichismo generale inconscio” diventa dinamico solo quando si attuano i presupposti di una comunicazione.

2) Il Limo che è un sottile strato che unisce alle radici le isole, unisce con la stessa debolezza con cui lo può fare il fragile velo del ricordo.

“Il Limo rappresenta l’archivio del passato cosciente ora diventato inconscio, cioè i vissuti di generazioni passate, il relitto della psiche dei defunti. Si tratta di un archivio inconscio da cui si può attingere informazioni a livello inconscio come lo si potrebbe da un archivio fotografico, cioè in modo piatto e impersonale. Questo è anche il caso delle presunte rivelazioni dei defunti in seduta medianica. È evidente che il tutto è vivificato dall’Io inconscio intelligente, cioè dalla dissociazione della personalità del medium.

3) La Terra, che è il legame veramente comune che unisce tutte le isole in profondità, può essere “l’inconscio collettivo archetipico” di Jung.

IL FATTO PSICOCINETICO,FIGLIO NEVROTICO DELLA PSICHE

Il fatto psicocinetico è solo una delle distinzioni dei fenomeni psicomiletici che si estrinseca tramite azione sulla materia ed è solo un mezzo di comunicazione tramite il quale il soggetto esteriorizza una esperienza che è un segno di sofferenza o sofferenza sublimata a livello inconscio.

La comunicazione avviene con il linguaggio del simbolo e cioè con l’azione sulla materia. Possiamo individuare “situazioni a rischio” di possibili manifestazioni psicocinetiche.

? Il medium, afflitto da desiderio di affermazione (mascherata spesso da una missionarietà misticoide), trova nelle credenze spiritiche il modo di soddisfare “all’intimo desiderio” di potenza e poi anche a quello di avere un approccio naturalistico. Il desiderio di potenza è esaurito dall’importanza di essere “mezzo” di comunicazione fra il presunto mondo degli spiriti e quello dei viventi. In questo contesto l’apporto di oggetti costituisce la prova mediante cui il medium comunica simbolicamente agli adepti: “credete in me”.

? Nel poltergeist l’adolescente nevrotico che odia l’ambiente che lo comprime, scatena verso questo la sua aggressività e comunica la propria richiesta di soccorso tramite la simbologia psicocinetica scatenando quel complesso di fenomeni che comunemente assume il nome sopracitato.

? Il soggetto che ha subito un lutto e vive un Dio magico che pare sordo alle sue preghiere di avere prove della sopravvivenza, si fabbrica inconsciamente da sé le prove di “registrazione delle voci dei defunti” o psicofonia. Il motivo profondo è il bisogno di comunicare a sé stesso e agli altri la speranza della sopravvivenza.

? Nella presunta possessione diabolica l’invasato proietta nel mondo oggettivo un messaggio di odio e di richiesta di libertà.

? Nel mistico, che pare abbia problemi oggettivi nel conci-liare la propria interiorità con la realtà esterna, cioè soffre di una frattura nevrotica, La strada verso la santità è più faticosa e senz’altro più meritevole (Grazia divina a part la posizione eroica di fede con la quale affronta i problemi dell’esistenza può portare al fatto psicocinetico che è una comunicazione inconscia della propria posizione di fede. Si noti che il fatto psicomiletico compete all’essere umano in quanto affetto da problemi esistenziali e nevrotici e vive in un clima di conflitto e non in quanto mistico e santo.

L’INTEGRAZIONE PSICHICA

“L’integrazione psichica” costituisce il primo gradino dei fenomeni psicomiletici ed è comunemente confusa con la telepatia. È invece una specie di “comunione psichica” che si realizza come comunicazione interpersonale altamente motivata in cui la persona apre tutti i suoi canali inconsci alla “percezione”. I risultati, comunque, possono essere diversi qualitativamente a seconda del coinvolgimento più o meno intenso. La casistica che ho esposto nel mio libro “Guarire con la pranoterapia” (a cui rimando) riguarda le situazioni analitiche, lo spiritismo, l’ipnosi, certe situazioni cliniche dell’infanzia, la diade madre-infante.

Il fenomeno soggiace a tre regole:

1) È normalmente temporaneo ed esige la presenza delle persone nello stesso ambiente. Altrimenti si può parlare di telepatia.

2) La sua attuazione dipende dalle dinamiche inconsce che sono attivate da una serie di input di cui ho già trattato e che costituiscono lo “stimolo esistenziale”.

3) Nel rapporto interpersonale o di un gruppo esiste sempre un leader che inconsciamente detta le proprie risposte, motivazioni, suggestioni che diventano le “certezze” per l’altro o per gli altri.

PRECOGNIZIONE: POSSIBILITÀ PIÙ PROBABILE

Ho accennato all’impossibilità dell’impulso originario inconscio (F. di C.) di spostarsi nella dimensione tempo. Malgrado ciò il “fattore di comunicazione” rimane però la base del divenire o del passato degli eventi.

Dall’esame della casistica emerge una “relativa” prevedibilità del futuro prossimo a sprazzi di escursione sul passato. A volte tutto ciò è singolarmente preciso ma più spesso queste precognizioni e retrocognizioni perdono di precisione man mano che aumenta l’intervallo di tempo da oggi. Denomino evanescenza questa caratteristica.

Si considera tradizionalmente che la “precognizione” sia la percezione di un effetto che precede la causa. Sostengo invece che la precognizione sia l’effetto di cause ben precise che sono percepite inconsciamente e statisticamente dall’essere umano. Ciò toglie la drammaticità di una cieca precognizione che grava come una maledizione sul destino dell’uomo.

Nello “psichismo generale inconscio” esistono tutte le nostre esperienze, pensieri, progetti, determinazioni, speranza, paure. Esistono cioè i “germi del futuro” liberamente fluttuanti in attesa di una loro combinazione.

L’inconscio umano percepisce le informazioni che sono fornite dal F. di C., ne attua un processo di sintesi rilevando la possibilità più probabile. Dunque la precognizione è una elaborazione statistica dell’inconscio umano sulla base degli eventi già in germe. La precognizione è, di conseguenza, un effetto delle azioni dell’essere umano.

La “retrocognizione” relativa a “pseudo” rivelazioni di defunti si riduce ad essere un fatto di comunicazione in conscia fra la psiche dell’essere umano vivente e il “Limo”, cioè la comunicazione “pseudo-temporale che in realtà attua nel tempo presente perché il “Limo” è nel nostro tempo.

Resta aperto il problema del controllo dei presunti fatti retrocognitivi. Se questi lo sono su base di documenti ne conseguirebbe che, essendo l’informazione compresa nell’essere di oggi, i fatti ricadrebbero nella dinamica del F. di C.

Il modello psicomiletico si presenta perciò come innovatore rispetto alla parapsicologia tradizionale, non solo per il concetto di precognizione che cambia totalmente volto, ma anche per l’unificazione delle varie fenomenologie nel F. di C. e nella individuazione di cause ben precise ad ogni evento. La difficile ripetibilità dei fenomeni pone fuori dai tradizionali canoni galileiani come ne sono fuori le discipline che trattano dalla psiche con termini non farmacologici. Ad esempio la psicologia clinica non può ripetere a bacchetta casi clinici come lo è nella fisica.

Rimangono comunque ignote le meccaniche energetiche fisiche che sono innescate dal F. di C.

CONDIZIONI AFFINCHÉ UN FENOMENO SIA DEFINITO PSICOMILETICO

1) Intervento dell’essere vivente escludendo l’ipotesi spiritica.

2) Inspiegabilità mediante le conoscenze scientifiche le quali sono contraddette sui seguenti punti:

? Un essere vivente può acquisire una informazione dal mondo esterno prescindendo di cinque sensi.

? Si può influire sullo stato di quiete e di moto di un oggetto o di un sistema fisico, senza l’applicazione di una forza conosciuta.

3) L’assenza di frode cosciente o inconscia.

4) Una controllabilità spazio-temporale definita.

Chiudendo questa sintesi del mio Manuale di Parapsicologia devo essere grato a Piero Cassoli e al compianto Emilio Servadio senza i cui studi non avrei trovato le basi per elaborare questo modello.

Bibliografia:

A. Pavese, Manuale di Parapsicologia, Ed. PIEMME,

Casale Monferrato, 1989. Handbuch der Parapsycologie, Pattloch, Verlag, Augsburg 1992. Manual de Parapsicologia, San Pablo, Santafe de Bogotà, D.C. Colombia, 1994.

A. Pavese, Guarire con la Pranoterapia, Ed. PIEMME,

Casale Monferrato, 1990.

A. Pavese, Sai Baba, anatomia del “Nuovo Cristo” e dei suoi

miracoli attraverso la psicologia del profondo, la parapsicologia e la fede cristiana.

A. Pavese, Grande Inchiesta sulla Magia in Italia (Come difen-dersi dai Maghi) Ed. PIEMME, Casale Monferrato, 1994, 1995.

Mostri e altre stranezze

Scherzi della natura? Esperimenti genetici mal riusciti? Esseri provenienti da un’altra dimensione? Ultimi abitanti di un mondo ormai scomparso? Frutto della fantasia? Tracce di un lontano passato che è giunto sino a noi superando mille ostacoli naturali? Mostri, leggende del passato che a volte possono tramutarsi in realtà, quando ce ne da conferma la televisione o la radio… Il “mostro” è l’essere “diverso” e che incute timore, ribrezzo, orrore, in quanto qualcosa di sconosciuto, di anormale, qualcosa che l’uomo teme, perché “fuori dal comune”. L’uomo teme tutto ciò che non comprende o che esce dai normali canoni cui è abituato. Ha paura del buio perché in esso si nasconde l’imprevisto, il “chiunque” o “la qualunque cosa”. Ha paura del mostro perché anch’esso è l’imprevisto, la “cosa diversa”, l’anomalia nella natura, ma d’altro canto ne è attratto, incuriosito. Un pò perché la curiosità fa parte dell’uomo; se Cristoforo Colombo non fosse stato curioso, probabilmente non avrebbe mai scoperto l’America. Un pò perché inseguire le nostre paure ci aiuta ad esorcizzarle; più temiamo qualcosa, più dobbiamo cercarla, perché solo affrontandola riusciremo a superarla.

Non dobbiamo fuggire dai nostri incubi, in quanto anch’essi fanno parte di noi, ci completano e ci indicano la via da seguire per avvicinarci alla perfezione. Nel rinascimento si stampavano libretti che illustravano i “mostri” del momento. Erano le paura degli uomini di allora personificate. Il mostro più diffuso era Lutero, che veniva raffigurato deforme e con attributi demoniaci, ma potevano diventare mostri anche papi e sovrani. Inoltre, in quegli stessi anni, i “mostri” diventavano anche “segni mandati dal cielo” che dovevano essere interpretati e che potevano essere collegati a famose profezie. Quando un bambino nasceva deforme, ne veniva fatto un ritratto che poi, stampato in piccole dispense, poteva fare il giro dell’Europa, di solito accompagnato da “profezie” in versi o meno inerenti i fatti politici del tempo o il destino dell’umanità in generale. Fu proprio nella metà del ‘500 che vennero scritte le “Centurie” di Nostradamus. Successivamente, il “mostro” diverrà sempre più l’escluso; il rinnegato, il diverso lasciato ai margini della società, il perseguitato politico o religioso. Nel ‘600 anche gli ebrei, accusati di aver diffuso la nuova epidemia di peste (ma non solo), verranno visti come una sorta di mostri, di diversi, da perseguitare ed eliminare, un pò come i protestanti, uccisi in massa dalla Cristianità in epoca moderna. Nell’800, nacquero i mostri del romanticismo, creati dalla penna di Shelley, Stoker e Le Fanu, in particolare, ricordiamo i celebri Frankenstein e Dracula. Sempre in questo secolo, si scoprirono le prime orme fossili dei dinosauri ed i primi resti ossei, ma vennero interpretati in malomodo e scambiati per i resti di animali mitici come unicorni e draghi. Si pensò che questi mostri, un tempo, fossero esistiti davvero. Poi, vennero meglio interpretate nei decenni successivi ed ora non diciamo più che i dinosauri erano dei mostri, in quanto meglio conosciuti. Solo ciò che non si conosce, o si conosce poco, per l’umanità, può essere un mostro. Oggigiorno, si attribuisce l’aggettivo tale attributo specialmente ai Serial Killer più terribili. Ricordiamo il “mostro di Firenze”. Ma nell’immaginario collettivo, la parola non ha mai smesso di significare il mostro vero e proprio, da quello più ironico dei film catastrofici giapponesi a quello più orribile e disgustoso come un “Alien” o un “Predator”. Ma il quesito è: esistono al mondo dei veri mostri? Esiste il Big Foot americano, più di una volta avvistato e fotografato? Esiste lo Yeti? Esiste Mokele Mbembe? Esiste Nessie, il “mostro di Loch Ness”? Forse un giorno la verità… salirà a galla !

SPRING-HEELED JACK

0005h0h7Spring-Heeled Jack, ovvero Jack dai tacchi a molla, o meglio, Jack il saltatore, è uno strano essere capace di saltare fino a trenta metri di altezza, secondo certe descrizioni più simile ad una scimmia, secondo altre, più simile ad un pipistrello, seconda alcune testimonianze alto un metro e mezzo, secondo altre di più. Apparve per la prima volta a Londra nel 1837. Aggredì diverse persone e alcuni scrissero delle lettere di protesta al sindaco della città. Da allora, Jack si è fatto vivo spesso, sempre a Londra, almeno fino al 1904. Poi, se ne sentì parlare un pò meno. Ma nel 2001 si è rifatto vivo. Questa volta a Nuova Delhi, in India. Un essere molto simile è stato visto da alcune persone, e altre sono state perfino aggredite. Tant’è che il sindaco della città indiana è stato costretto a mettere più lampioni nelle strade, perché la gente aveva paura ad andare in giro di notte. Ma non è la prima volta che si sente parlare di Jack. Altrove, specialmente negli USA, è già stato conosciuto con altri nomi: Owlman (Uomo Gufo), Mothman (Uomo Falena), e Uomo Scimmia. Che sia lo stesso mostro che ha viaggiato in cento anni di storia, dall’Inghilterra vittoriana all’America (visto che era anche il giusto periodo dell’emigrazione transoceanica), all’India (seguendo le giubbe rosse di Sua Maestà Britannica dirette nella loro colonia indiana)? In tal modo però ci troveremmo di fronte ad un essere che ha già vissuto per più di cento anni! Ad un essere decisamente sovrumano. Ma da dove è arrivato Jack? Potrebbe essere stato catapultato qui da un’altra dimensione? Da un mondo abitato da altri esseri simili a lui? Chi lo sà… Sarei proprio curioso di incontrarlo un giorno per chiederglielo…

OANNES

oannesEsistono esseri anfibi in quasi tutte le culture del mondo, per gli indiani d’America essi sarebbero “gente dell’altro mondo precedente”, per gli australiani “esseri preumani”. I Dogon, una tribù dell’Africa, sostengono di avere avuto in un lontano passato contatti con strane creature anfibie e provenienti dalle stelle, che avrebbero trasmesso loro importanti conoscenze scientifiche. Secondo i Pomo, Indiani nord-americani, l’Essere Supremo e creatore di tutto, sarebbe uscito dall’oceano e si sarebbe trasformato in uomo. Beroso, astronomo e storico babilonese vissuto nel terzo secolo dopo Cristo ci racconta degli Oannidi, civilizzatori della Caldea. Essi, che i Greci chiamarono Oannes, sarebbero venuti dal mare Erithraeum, cioè l’Oceano Indiano e si sarebbero mossi prima in Mesopotamia e poi verso l’Egitto, istruendo sia gli abitanti di una che dell’altra regione. Impartirono loro conoscenze astronomiche e scientifiche e rimasero a lungo fra gli uomini. Non mangiavano, davano cognizioni di lettere, di scienze, di metallurgia, di arti, di come innalzare templi, edificare città, istruire leggi, seminare e raccoglierne i frutti. Al tramontare del sole se ne tornavano in mare per trascorrere la notte nel loro “vascello”. Forse un astronave aliena? C’è chi pensa che potessero essere i portatori del sapere perduto di Atlantide e c’è anche chi li mette in stretta relazione con gli Ebrei. Basti pensare al nome Giona, Joannes e al simbolo del pesce, strettamente di tradizione ebraica.

 

 

 

YETI e SASQUATCH

Yeti_HD_v02_Nel XIX secolo, le popolazioni dell’Himalaya, gli Scerpa, raccontarono agli inglesi che uomini feroci ricoperti quasi totalmente di peli vivevano tra quelle montagne.

Da allora, molte spedizioni hanno avuto come meta proprio quei monti con lo scopo di scoprire sempre di più dello Yeti, “l’Uomo-Cosa”, come lo chiamano le persone del posto.

Molte sono le teorie avallate a proposito del Big Foot (come lo chiamano in America), tra cui anche quella che lo Yeti possa essere un discendente diretto dell’uomo di Neanderthal sopravvissuto, non si sa come, alle intemperie, alla storia, al tempo, e che ancora vive come i suoi antenati in caverne, lontano dal progresso e dalla società.

Secondo i racconti esistono due tipi di yeti:

-lo “Dzu-ti”, alto circa tre metri, aggressivo e pericoloso e

-il “Meh-ti”, di dimensioni più ridotte e più docile.

Il Sasquatch è la versione americana e canadese dello Yeti. Avvistato nelle foreste e nei boschi del Nord America, al confine con il Canada. Di lui esistono anche alcune foto davvero sorprendenti.

SOCURIJU

Sucuri 01Il Sucuriju è una specie di serpente di grandi dimensioni che si ritiene possa vivere nel Rio delle Amazzoni, in Sud America.

Secondo il racconto di un esploratore, P. Fawcett, che ebbe modo di vederlo personalmente, esso potrebbe raggiungere una lunghezza superiore ai 40 metri (è da considerare che il più lungo esemplare di serpente conosciuto è il “Pitone Reticolato”, di soli 10 metri), un diametro di 1 metro e un peso di oltre 5 tonnellate!

Un esemplare di tali dimensioni fu catturato e ucciso da persone del posto in prossimità della città di Manao, in Brasile nel 1948.

 

 

MOKELE MBEMBE

mokeleL’Africa è un continente che all’alba del XXI secolo è ancora in parte inesplorato per cui non dovrebbe risultare strano pensare all’esistenza di mostri o animali mai catalogati, nascosti nel cuore del continente, in regioni come il Mali, la Nigeria, il Congo.

Proprio nel Congo, per esempio, si pensa possa esistere un mostro, per certi tratti simile al mostro di Loch Ness, cioè Mokele Mbembe, detto anche Chipekwe.

Questi, secondo i resoconti di diversi esploratori sarebbe simile ad un dinosauro, porterebbe un piccolo corno sul muso, avrebbe una lunga coda, un lungo collo e sarebbe di dimensioni maggiori di un ippopotamo. Molti scienziati lo identificano con una determinata specie di dinosauro, il Sauropode, vissuto fra i 195 e i 65 milioni di anni fa, sopravvissuto negli anni, per chissà quali misteriose circostanze, ai suoi simili. Il primo avvistamento di Mokele Mbembe risale al 1919, per opera di Mr. C.E. James.

L’UNICORNO

Il mitico animale simile ad un cavallo, ma con un unico corno centrale è mai esistito? Ne troviamo già tracce nella Bibbia e negli scritti del medico greco Ctesia, che nel 416 a.C. afferma di averne visto uno in Persia. Successivamente, abbiamo la testimonianza addirittura di Giulio Cesare, che ne vide alcuni durante le sue “guerre galliche” (58/52 a.C.) nelle fitte foreste della Gallia, l’odierna Francia. Poi, ce ne parla anche Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. nella sua “Naturalis Historia”. Nel medioevo si credeva fermamente nell’esistenza di questo animale mitico e addirittura, ogni grande regno si vantava di possedere un suo corno nelle proprie tesorerie. Ciò era vero, ma probabilmente si trattava di corna di altri animali, perché anche allora erano comuni gli imbroglioni ed il commercio di corni d’unicorno doveva fruttare parecchio, in quanto si riteneva avesse poteri magici, potesse curare diverse malattie e purificare le fonti inquinate una volta immerso nelle acque. Ma catturarlo era molto difficile.

Si dice che l’animale fosse attratto dall’odore delle vergini (in quanto animale simbolo di purezza), così nel momento in cui si avvicinava al loro grembo a capo chino, era possibile catturarlo. Sempre nel medioevo, si parla della presenza di unicorni in India e in Africa. C’è la possibilità che le persone scambiassero per unicorni, animali molto simili a questi, ma non si può negare la probabilità che un tempo esistessero veramente. Quanti sono infatti gli animali ormai estinti? Anche il panda è in via d’estinzione. Probabilmente tra mille anni diranno che questo animale non è mai esistito. Anzi, forse no, perché ormai nel XXI secolo conosciamo la fotografia e la cinematografia, quindi del panda rimarrà una qualche prova. Ma nel medioevo non conoscevano tali mezzi, per cui ci rimangono solo scritti e disegni. Questi erano le fotografie del tempo. Per cui, perché non prenderli in considerazione?

CALAMARI GIGANTI E SIMILI

Giugno 2003. Vicino alla Nuova Zelanda, a circa 3.600 km a sud di Wellington, un gruppo di pescatori si è trovato nella rete un calamaro gigante. Si sapeva già dell’esistenza di questi “mostri” marini, ma si pensava vivessero solo a profondità maggiori di 1.000 metri. Risalito in superficie inseguendo un pesce della Patagonia (di due metri di lunghezza) candidato ad essere una sua preda, questo calamaro si è invece trovato egli stesso preda dei pescatori. Misurava 6 metri di lunghezza ed aveva occhi a forma di piatto dal diametro di 30 centimetri. Ma era un esemplare femmina. Un calamaro maschio può arrivare anche a 12 metri di lunghezza! Potrebbe quindi costituire un pericolo per le piccole imbarcazioni che si dovessero trovare a passare di lì, proprio come il calamaro gigante che attaccò il Nautilus in “Ventimila leghe sotto i mari”, di Jules Verne. Attualmente, l’esemplare si trova al Museo Nazionale di Te Pata della Nuova Zelanda ed è oggetto d’osservazione di schiere di zoologi.

Nei primi giorni di luglio 2003 è stata trovata una strana cosa su una spiaggia in Cile. All’apparenza sembrava un grande pallone sgonfio, poi si è capito che era qualcosa di organico. L’essere, ormai in decomposizione, è un gigantesco invertebrato di almeno 12 metri di diametro, di colore bianco/trasparente, una specie di mollusco o di polipo, potrebbe anche assomigliare ad una gigantesca medusa. Comunque sia, qualcosa di veramente nuovo per gli scienziati. Tutt’ora è oggetto di studio presso l’università del Cile, dove è stata trasportata. Non si può escludere comunque che “la cosa” sia piovuta qui da un altro mondo, o da un’altra dimensione.

LA MISTERIOSA TIGRE DEL VICENTINO

25 giugno 2003. Nei campi di mais del vicentino è stata avvistato uno strano essere simile ad una tigre, anche se non si hanno prove certe che lo fosse. Un essere grande, dall’andatura felpata, di colore grigio/rossiccia e dalle orecchie stranamente allungate. Quest’ultimo particolare ci porterebbe più a credere che si tratti di una lince più che di una tigre, ma altri non ci credono e danno la colpa al caldo estenuante di questi giorni. Tuttavia, sono partite delle battute di caccia, ma dello strano essere nessuna traccia, come già capito l’anno scorso, sempre nello stesso periodo nei boschi di Imperia, quando anche allora, sempre in questi periodi, venne avvistata una pantera nera. Ma di questa, vennero trovate solo alcune unghiate sugli alberi, così come anche avvenne per l’altra pantera nera intravista nel Parco di Superga, vicino Torino qualche anno prima. In ogni caso, nessuna traccia dell’animale. Eppure un simile animale, una pantera nera, una tigre o anche una lince, non può passare inosservato, non può svanire nel nulla. E se non si trattasse di alcun animale, ma di qualcos’altro? In effetti, in questo periodo sono stati trovati alcuni cerchi nel grano nelle coltivazioni italiane. Sarà una coincidenza? E se questi che noi scambiamo per animali selvatici in realtà fossero esseri alieni provenienti da altri mondi? Certo, è davvero un’ipotesi fantascientifica, ma non è la prima volta che vengono avvistati esseri strani in posti dove non sarebbero dovuti trovarsi. Esseri, in certi casi, anche mostruosi, assurdi, anomali. Siamo in attesa di conoscere la verità.

LA DONNA PELOSA

donna-pelosaNel ‘500 e nel ‘600 mostri, fenomeni della natura, uomini e donne nati deformi, erano visti come prodigi, opera del demonio p semplici fenomeni da baraccone e, come tali, potevano venire esposti nelle piazze a pagamento, per chiunque volesse assistere ai loro “spettacoli” o semplicemente vederli. Tale era la sorte di uomini e donne nati nani oppure troppo alti, nati deformi, siamesi, o con altre stranezze ancora. Una tra le prime persone a divenire “famose” fu Barbara Urselin o Van Beck, nata probabilmente a Augusta in Germania, ma potrebbe trattarsi di due casi simili, o più. Lei era la “donna barbuta”. Casi simili sono rari, ma non unici e, di certo, molti altri come lei passarono più inosservati, nascosti nelle loro case in solitudine e nella vergogna. Dai molti che la conobbero o la videro solamente era descritta con una “gran barba diffusa su tutto il viso, lunga e fluente.” John Evelyn scrisse nel suo “Diario” nel giorno 15 settembre 1651: “Ho visto la donna pelosa, di vent’anni, che avevo già visto quand’era bambina.

Nata a Augusta in Germania, ha anche le sopracciglia pettinate all’insù e sulla fronte le cresce una sorta di capigliatura folta e regolare come quella che cresce sulla testa di qualsiasi donna. Era ben vestita (…). Una lunga ciocca di capelli le cresce da ogni orecchio, ha inoltre una folta barba e baffi, con lunghe ciocche che le crescono in mezzo al naso, come nei cani d’Islanda. Il colore è castano chiaro e i capelli sono belli e sottili come lino. S è sposata e mi disse di avere un bambino che non era peloso, come non lo era nessuno dei suoi parenti. Era molto ben fatta e suonava bene l’arpicordo.” Anche altre persone scrissero nel loro diario l’incontro con la donna barbuta, si suppone fosse la stessa, ma non è certo. Si dice anche che avesse una voce da bambina anche a quarant’anni. La peluria iniziò a crescere a sette anni e da allora crebbe molto in fretta, tant’è che bastavano pochi mesi per infoltirsi. Furono diverse le persone che solo per vederla viaggiarono per molte miglia.

Sarebbe un’aura fosforescente che resta intorno al corpo fino a 48 ore dopo il decesso

MOSCA, 14 ott-03 – Dell’ANIMA alcune filosofie dicevano di conoscere il peso: i 21 grammi che hanno pure dato il titolo a un film che vedremo presto sui nostri schermi. Di tanto infatti diminuirebbe il peso corporeo subito dopo la morte, significato di un’ANIMA che se ne va. Ma quell’ANIMA, che qualcuno sostiene di aver “pesato” nessuno fino a oggi l’aveva mai vista.

Nessuno a eccezione di uno scienziato russo, Konstantin Korotkov, fisico di San Pietroburgo, che oggi ha ufficialmente annunciato al mondo di essere riuscito a fotografare l’ANIMA al momento della morte. Korotkov sarebbe riuscito a fotografare, con apparecchiature speciali, le oscillazioni fosforescenti del campo elettromagnetico intorno al corpo di un morto che permangono, secondo il ricercatore, per un periodo fra le 8 e le 48 ore a seconda del tipo di decesso.

La presenza di un’aura, equiparabile a un campo elettromagnetico luminoso intorno all’essere vivente, è sostenuta da numerosi insegnamenti tradizionali esoterici ed esistono persone che sostengono di essere in grado di vederla.

L’aura, essenza energetica diversa dall’ANIMA come intesa nel cristianesimo, viene anche usata quale riferimento diagnostico nelle medicine 1239864_10201106583485469_1656368099_nesoteriche, in quanto si ritiene che la sua composizione e colore muti con la presenza di malattie.

Per Korotov più la morte è improvvisa e non naturale, più il corpo sottile, rappresentato dalle onde elettromagnetiche fosforescenti, resta a lungo vicino al corpo, quasi stentasse ad accettare l’improvvisa separazione.

Le ricerche di Korotov, che durano da due anni e hanno riguardato persone decedute fra i 19 e i 70 anni, trovano eco nelle principali credenze religiose tradizionali. Dal cristianesimo che impediva originariamente di seppellire i corpi prima di tre giorni, cioè dopo il distacco totale dell’ANIMA dal corpo, agli Egizi i quali credevano che dopo la morte una parte dell’ANIMA restava intorno al corpo tre giorni, un’altra quaranta e l’ultima, il Ka, ovvero il Doppio, sino alla disintegrazione totale del corpo.

Per tale ragione gli egizi mummificavano il Faraone, cioè l’Uomo Perfetto, (nelle prime dinastie unico destinatario di questo rito) per evitare l’abbandono del Ka e la sua reincarnazione.

I tempi di disincarnazione astrale, in cui lo spirito lascia il corpo è stato catturato dallo scienziato russo Konstantin Korotkov, che ha fotografato una persona al momento della sua morte con una fotocamera bioelectrographic. L’immagine ripresa con il metodo di visualizzazione a scarica di gas, una tecnica avanzata di fotografia Kirlian mostra in blu la forza vitale della persona che lascia il corpo a poco a poco.

Secondo Korotkov, ombelico e la testa sono i partiti che per primi perdono la loro forza di vita (che sarebbe l’anima) e l’inguine e il cuore sono le ultime zone dove lo spirito prima di navigare in fantasmagoria di infinito. Negli altri casi, in base alle Korotkov ha osservato che “l’anima” di persone che soffrono di una morte violenta e inaspettata di solito si manifesta uno stato di confusione nelle impostazioni di alimentazione e di tornare al corpo nei giorni dopo la morte. Questo potrebbe essere dovuto ad un surplus di energia non utilizzata.

La tecnica sviluppata da Korotkov, che è direttore dell’Istituto di Ricerca di Cultura Fisica, San Pietroburgo, è approvato come una tecnologia medica da parte del Ministero della Sanità della Russia ed è utilizzato da più di 300 medici in tutto il mondo per lo stress e il monitoraggio dei progressi dei pazienti trattati per malattie come il cancro. Korotkov dice la sua tecnica di imaging energetico potrebbe essere utilizzato per guardare tutti i tipi di squilibri biofisici e diagnosticare in tempo reale e anche per mostrare se una persona non ha poteri psichici o è una truffa.

kk2Questa tecnica, che misura in tempo reale e la radiazione stimolata viene amplificata dal campo elettromagnetico è una versione più avanzata della tecnologia sviluppata per la misura di Semyon Kirlian aura. Le osservazioni Korotkov confermano, come proposto dal Kirili, che “ha stimolato la luce elettro-fotonica attorno alle punte delle dita dell’essere umano contiene un’esposizione coerente e completo di una persona, sia fisicamente che psicologicamente. ” Korotkov parla degli effetti nel campo delle bioenergie con il cibo, l’acqua e persino cosmetici e sottolinea un ombrello bere acqua e alimenti biologici, in particolare rilevando che l’aura delle persone nel Undies subisce gli effetti negativi delle sostanze nutritive come tecnologizzazione distribuito in questa società.

Korotkov parla anche delle loro misurazioni in presumibilmente caricato con il potere e l’influenza che le persone hanno in materia di bioenergia di altri. Controllo esperimento di Rupert Sheldrake la sensazione di essere osservato: Poiché i cambiamenti di campo bioenergetico della persona quando qualcun altro dirige la sua attenzione, anche se è indietro e non consapevolmente percepito. Anche un campo posto sono alterati quando vi è una concentrazione di turisti. Mette in guardia anche di uso del telefono cellulare e la loro radiazione negativa spesso di essere cancerogeno, che numerosi studi sembrano confermare.

Korotkov è ottimista sul fatto che questo nuovo campo scientifico, che è un pioniere, sta prendendo, soprattutto in Russia, dove alcune scuole insegnavano ai bambini a riconoscere e utilizzare l’energia, e non come un sospetto, ma come un fatto metafisico quantificabile.

Alla ricerca degli spiriti: un singolare accordo nel segno del paranormale

LECCE – Un po’ come “moderni acchiappa fantasmi”, sulla falsa riga di trasmissioni di successo, giocate anche nel titolo sul culto del mistero. Si sa, tutto ciò che non si comprende fino in fondo affascina, tanto da sollecitare tutta una letteratura che di queste suggestioni si nutre e si riproduce. Fatto sta che, da sabato scorso, la Puglia e Lecce in particolare, rappresentano a loro modo un “terreno fertile” per l’investigazione dell’ignoto e del paranormale.

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È stato siglato, infatti, un accordo di mutua cooperazione e collaborazione in ambito “informativo, formativo e divulgativo”, come gli stessi soggetti coinvolti ribadiscono, tra i Ghost Hunters Puglia di Mario Contino e Arcadia Lecce (Ordo Equestris Templi Arcadia), due organi attivi nella regione sia sul piano della “ricerca teorica” che “pratico/operativa” nell’ambito dell’eso/storia, della meta-tradizione, del mistero, del paranormale, degli studi esoterici, e di tutte “quelle anomalie simbolico/esoteriche presenti in gran parte dei monumenti appartenenti al ricco patrimonio dei beni storico-architettonici del paese”.

“L’accordo – si legge in una nota – vuole essere non solo un momento di incontro, proficua e attiva collaborazione metodologica e scientifica, fondato sul rigore e sulla serietà sia degli intenti che degli studi da portare avanti insieme, ma un vero e proprio cammino volto a far conoscere a un pubblico sempre più vasto realtà, storie, vicende, che hanno a volte dell’incredibile, a volte dell’inspiegabile, ma che vogliono far sentire la loro voce, e dunque non essere più confinati nell’intricata selva delle conoscenze esoteriche, ma emergere nella dimensione più fulgida di una conoscenza a disposizione di quanti si sentono curiosi di scoprire nuove dimensioni”. Ed ecco allora che prende vita una nuova avventura che parte dalla Puglia, ma che presto farà parlare di sé a livello nazionale e internazionale.

GM VALENTINO ZANZARELLA-2Arcadia Lecce (Ordo Equestris Templi Arcadia) nasce nel febbraio del 2008, non con lo scopo di ricostituire l’antico ordine dei Poveri Commilitoni di Cristo e del Tempio di Salomone, sospeso amministrativamente nel 1312 con la bolla “Vox in Eccelso”, ma con quello di costituire un gruppo di persone che unite dallo spirito templare fossero in grado identifcarsi e distinguersi.

Nel novembre 2012 nasce il “GHP Ghost Hunters Puglia”, un insieme di ricercatori molto particolari, che utilizzano “strumenti scientifici per indagare in un campo in cui spesso il mondo accademico non intende far chiarezza, con il semplice obiettivo di stabilire la reale esistenza di esseri spiritici”: “Il nostro scopo principale – spiegano – è fornire una prova concreta ed infalsificabile della loro esistenza, sia essa un’immagine, un video o altro. Spesso ci scontriamo contro un muro di pregiudizio e diffidenza eppure le nostre indagini sono esclusivamente gratuite e dettate da puro spirito di ricerca”.

FONTE: http://www.lecceprima.it/cronaca/un-singolare-accordo-nel-segno-del-paranormale-lecce.html