Chi era Silvia Browne, la medium che ha sbagliato anche sulla propria morte

Il 20 novembre scorso Silvia Browne, sedicente veggente e medium nonché acclarata celebrità televisiva americana è morta a 77 anni all’ospedale Good Samaritan di San Josè, California. In Italia, con soli (per ora) 10 libri tradotti il suo nome ai più dice poco, ma in patria quasi 60 libri, alcuni dei quali best-seller, e soprattutto le sue regolari apparizioni televisive, molte volte a fianco dell’icona del giornalismo statunitense Larry King, hanno fatto di lei una vip, nel mondo dei medium e non solo.

In cinquant’anni di attività la Browne ha elargito previsioni sulla vita politica e mondana del paese, ma si è fatta strada soprattutto per la dichiarata abilità di diagnosticare malattie e di poter aiutare la polizia e le famiglie nei più vari casi irrisolti. Le imprese della Browne non potevano che attirare l’attenzione della comunità scettica, e in particolare di James Randi, illusionista e indiscusso re degli sbufalatori, che le offrì più volte di partecipare alla One Million Dollar Paranormal Challenge, il premio di un milione di dollari istituito da Randi nel 1996 (e mai vinto) per chiunque riesca a provare in condizioni controllate l’esistenza di un fenomeno paranormale.

Il poteri di Sylvia Browne si riducono infatti in due parole: cold reading, cioè lettura a freddo, un termine ombrello che racchiude diversi trucchi tipici del mentalismo. Negli spettacoli i mentalisti si esibiscono spesso in queste letture dando l’illusione di possedere poteri paranormali. Per mentalisti e medium, l’essenza del cold reading è manipolare lo spettatore (o la vittima) portandolo a condividere informazioni. “Chi è Marco? Qualcuno sta pensando a una persona di nome Marco, o Giovanni, si può alzare in piedi per favore?”

L’amico o parente di Marco (o Giovanni) che si sente più coinvolto si alzerà in piedi e sempre per tentativi ed errori, interpretando anche il linguaggio del corpo, verrà elaborata qualche narrazione plausibile di vita vissuta, il che rispecchia quello che ogni giorno fanno gli astrologi (o i loro ghostwriter) creando gli oroscopi: grazie all’ effetto Forer (o Barnum) nel giusto contesto siamo disposti a credere che un’affermazione in realtà molto vaga ci sia cucita addosso.

A volte al cold reading è affiancato l’ hot reading, lettura a caldo, nella quale l’artista o il cosiddetto veggente si procura qualche informazione sul soggetto prima di esibirsi, magari raccolte da un complice in incognito durante quelle che sembrano banali chiacchiere prima dello show, come raccontato in questo filmato che smaschera la collega Rosemary Altea, molto nota anche da noi grazie alle ripetute apparizioni nei talk show.

Un sottile gioco psicologico e una vera e propria arte che è in grado di emozionare sia chi viene letto sia chi assiste alla lettura, ma che non implica l’esistenza di alcun fenomeno paranormale. La differenza tra un mentalista (o un illusionista) e un medium è che il primo dichiara di essere un bugiardo e che voi, consapevolmente, pagate per essere ingannati. Lo stesso Randi si definisce un “onesto truffatore”.

Che dire allora di tutte le volte che Sylvia Browne in queste decadi avrebbe fornito il suo indispensabile aiuto alle forze dell’ordine e alla famiglie alla ricerca dei propri cari?

Nel 2010 la rivista dello Csicop, equivalente al nostro Cicap, ha pubblicato un rapporto che analizza la correttezza delle previsioni pubbliche (nella maggioranza dei casi dai microfoni del The Montel Williams Show) disponibili, 115 in tutto. Dai risultati si capisce perché la Browne, nonostante le promesse, non abbia mai partecipato alla Million Dollar Paranormal Challenge: non esiste un singolo caso nel quale le letture della medium abbiano davvero fornito qualcosa di concreto ai poliziotti e alle famiglie. Quando gli elementi in arrivo dall’aldilà non erano vaghi, si rivelavano tragicamente sbagliati: nel corso della propria carriera televisiva la Browne ha rivelato alle madri la morte dei loro figli, poi ritrovati sani e salvi, o viceversa, ha pronosticato a orecchie speranzose il lieto fine, quando purtroppo non c’era più nulla da fare, oppure ancora a oggi i casi giacciono irrisolti.

Neanche con la salute ebbe troppa fortuna: con notevole faccia tosta nel 2001 disse a James Randi durante un dibattito da Larry King di visitare urgentemente un medico perché aveva un problema al ventricolo sinistro. Randi si fece controllare e non risultarono problemi oltre a quelli già noti. Quattro anni dopo, settantottenne, ebbe un infarto: niente a che vedere col ventricolo sinistro ma la Browne naturalmente non perse l’occasione di dire che era una sua profezia che si avverava. Fin troppo facile cogliere l’ironia nel fatto che la medium abbia sbagliato a prevedere anche il momento della propria morte, che a Larry King confessò essere da qui a 11 anni. Lei probabilmente si giustificherebbe di nuovo con un “solo Dio ha ragione tutte le volte”.

fonte: http://daily.wired.it/news/scienza/2013/11/29/browne-bufala-veggente-75295.html

Vampiri, fantasmi e satanisti

Infiniti gli incubi che allignano nel ferrarese, una delle contrade più misteriose d’Italia.

Il vampiro di Marozzo

Questa villa fu fatta costruire nel 1890 a Marozzo, in provincia di Ferrara, da Lucilla Adani, una nobildonna friulana che allora abitava ancora a Gemona (UD). Vedova e senza figli si trasferì nella nuova casa nel 1891 e una volta arrivata assunse subito alcune persone del luogo come domestici. Nel giro di poche settimane, però, tutti i servitori lasciarono la casa e il lavoro dicendo che lì capitavano “cose strane” infatti girava la voce che Lucilla Adani fosse una strega e che praticasse la magia nera. Nel frattempo nelle case situate nelle vicinanze della villa cominciarono ben presto a morire alcuni animali da cortile. Alcuni morivano di strane malattie, altri venivano trovati sgozzati e dissanguati, o semplicemente sparivano senza lasciare traccia. Inizialmente la causa di tutto fu attribuita a volpi infette da rabbia o altri predatori, ma quando cominciarono a sparire anche delle persone il terrore cominciò a dilagare e Lucilla Adani fu la prima ad essere incriminata. Qui la storia diventa confusa, infatti non è ben chiaro se la donna sia stata semplicemente allontanata dal paese o se sia stata linciata dalla gente inferocita. Ad ogni modo Lucilla scomparve definitivamente nel 1893, ma su di lei rimane ugualmente un alone di inquietante mistero in quanto molti sostengono di averla vista levitare a due metri da terra nei dintorni della villa. Qualche anno dopo la sua sparizione, il cortile della casa fu cinto da un filo spinato e davanti ad essa fu costruita una piccola chiesa. Ancora oggi però la gente continua a trovare animali morti e dissanguati intorno alla casa.

La casa senza finestre

Un sentiero cinto da cipressi ci conduce verso questa strana costruzione priva di finestre, alla periferia di Massafiscaglia. Un vecchio di passaggio racconta che l’origine di tutto è una tragedia del 1959. Allora vi abitavano due persone, fratello e sorella, il cui rapporto era molto ambiguo, forse incestuoso; fatto sta che una notte fra i due scoppiò una violenta lite (tutto il vicinato udì le grida), poi il mattino seguente il postino, trovata la porta d’ingresso aperta, vide i fratelli impiccati a una trave del soggiorno. Il fatto strano era che entrambi fossero impiccati alla stessa corda. La casa da allora è rimasta disabitata, ma c’è chi giura di udire ancora le loro orribili grida. Nel 1965, forse per “esorcizzare” questo fatto inquietante, le finestre furono murate.

Satana in magazzino

satanaQuesto edificio nel cantro di Cona, già da oltre trent’anni disabitato, era un tempo un magazzino. Fu teatro alla fine degli anni 70 di riti satanici: messe nere e strani rituali si susseguirono entro le sue mura tra il 1978 e il 1980, anno in cui capitò al tragedia che interruppe bruscamente ogni attività della setta. In alcuni periodi dell’anno, durante la notte, la gente che abitava nelle vicinanze udiva rumori indefinibili e voci di persone che intonavano strane cantilene, all’apparenza prive di senso. All’inizio nessuno ci fece caso, poi dopo qualche tempo qualcuno, forse disturbato dai rumori notturni, chiamò la polizia che, una volta arrivata sul luogo, non trovò nessuno ma osservò strane scritte sui muri, cenere ancora calda sul pavimento, un pollo sgozzato e diversi oggetti particolari disposti in cerchio al centro dell’edificio. Venne fata denuncia verso ignoti e la casa fu tenuta d’occhio. I mesi passarono e i rituali continuavano e le frequenti irruzione della polizia non portavano a nulla fino a quando, nel 1980, fu trovato morto al centro dello stabile un giovane Tunisino, sgozzato e con gli occhi cavati. Da quel giorno nessuno ha più sentito rumori o cantilene, e ancora oggi la polizia non è stata in grado di scoprire che fossero gli adepti di questa misteriosa setta.

Il fantasma del pozzo

Sicuramente i turisti che d’estate affollano il Lido delle Nazioni, rinomata meta balneare, non avranno mai notato questa casa che, come un fungo velenoso, sorge nella verde radura che costeggia la strada. Solo pochi anziani ricordano la storia di questa costruzione e del suo pozzo. Erano gli anni 50 e la villa era abitata da marito, moglie e dai loro figli. Una notte, la donna, per cause ignote, mentre tutti dormivano, uscì di casa e si avviò verso il pozzo gettandosi dentro per poi lasciarsi annegare. Questa tragedia sconvolse al vita dell’intera famiglia che, pochi mesi dopo, di trasferì altrove e la casa, da allora, è rimasta abbandonata. A distanza di anni dall’accaduto ci sono persone che affermano di vedere ancora quella donna, di vedere una figura luminosa uscire dalla casa e scivolare nel pozzo. Sembra che esista addirittura una foto, scattata da un turista negli anni 60, in cui, si vede galleggiare sopra il pozzo un corpo fluorescente.

Il lago dell’incubo

Questo piccolo bacino d’acqua (circa 15 – 20 metri di diametro), chiamato Gurgon, è situato a Caprile, un paesino in provincia, ed è considerato dagli anziani di questa zona come un luogo altamente sinistro. Come si sia formato è ancora oggi un mistero, ma sembra che sulla superficie che occupa adesso il lago, prima ci fosse una casa. In seguito il terreno, per cause ignote, è sprofondato trascinando con sé anche l’edificio e da qui è nata la voragine che ben presto si è riempita d’acqua. Un’altra disgrazia oscurò la fama del lago negli anni 50 quando due ragazzi mentre facevano il bagno con un gruppo di amici, morirono annegati. Forse per evitare altre tragedie si tentò di ricoprire il lago riempiendolo di terra, ma tutto si rivelò inutile: lo specchio d’acqua sembrava senza fondo. Si provò anche a svuotarlo con l’ausilio di potenti pompe idrauliche. Dopo un giorno intero di lavoro si riuscì quasi a vedere il fondo ma il mattino seguente il lago, fermate le pompe, si riempì di nuovo d’acqua. L’ipotesi più attendibile che possa spiegare le strane caratteristiche del Gurgon può essere l’esistenza di cavità sotto il lago, una sorta di area vuota piena di metano. Questo spiegherebbe l’instabilità del fondale. La fuoriuscita di bolle di gas dall’acqua potrebbe confermare questa teoria, anche perché l’intera zona è ricca di metano. Recentemente è stata misurata la profondità del lago: sembra che non superi i 14 metri e mezzo.

La suora bianca di Maria Regia

Maria Regia, situata a Loiano in provincia di Bologna, è un edificio ancora abitato che appartiene alla diocesi di Comacchio (Ferrara). Durante i mesi estivi ospita i ragazzi dei campi scuola dell’ ACR. Anche qui, come affermano numerose testimonianze, c’è un fantasma che vaga per le stanze dell’edificio: è quello di una suora che visse parecchia anni fa. Secondo la cronaca, quando la religiosa era ancora in vita, per qualche ragione misteriosa uscì di notte dalla casa per dirigersi verso il boschetto circostante; da quel giorno non tornò mai più. Lei è morta ma il suo spettro s’aggira ancora per Maria Regia: appare sotto le sembianze di una donna vestita di bianco, il suo sguardo è severo, quasi cattivo, e c’è chi dice che guardarla negli occhi la faccia infuriare e porti disgrazia.

Mini – castello stregato

Il castello del Verginese, presso Gambulaga, è un maniero di piccole dimensioni, 36 metri di lunghezza per 12 di altezza; fu costruito nel XV secolo e apparteneva, come tutta la provincia di Ferrara, agli Estensi. È ritenuto infestato fin dalla seconda guerra mondiale e pare che alcuni abitanti del luogo siano stati trucidati e seppelliti alle spalle del castello: i cumuli di terra sotto cui dovrebbero trovarsi i corpi sono ancora ben visibili. Gran parte della costruzione è stata ristrutturata a scopo artistico, e vi è stato anche annesso un ristorante. Sembra che un dipendente del locale abbia visto, una sera, una figura luminescente aggirarsi nei pressi dell’entrata principale. Gli esperti del paranormale, condotti sul posto, ritengono di “sentire” forti presenze, soprattutto in una delle dipendenze del castello non ancora ristrutturate. Lo stesso gestore del ristorante sarà lieto di raccontarvi tutti i particolari sui fantasmi della dimora.

L’ospedale maledetto

Questo edificio che si trova presso Aguscello era, prima che venisse abbandonato all’inizio degli anni 70, un ospedale psichiatrico infantile di proprietà della Croce Rossa Italiana. I motivi del suo decadimento sono sconosciuti, ma numerose sono le leggende che si narrano su questo posto. Oltre ad essere stato, per diversi anni, sede di messe nere e riti occulti., è stato ritenuto infestato dagli spettri. Infatti si narra che piccoli ospiti dell’istituto morirono tragicamente qualche anno prima della chiusura. La causa di questa morte prematura è ancor oggi un mistero: c’è chi dice che fu lo scoppio di un incendio a ucciderli, anche se questa ipotesi appare improbabile in quanto non risultano segni di bruciature o strutture carbonizzate. Altre parlano di un epidemia o addirittura che i piccoli furono vittime di un pazzo assassino. Fra le tante storie, una racconta che ci sia persino una fossa comune al centro dell’edificio. Fatto sta che durante la notte fra le rovine dell’ospedale si sentono ancora i pianti disperati dei bambini. All’ultimo piano, irraggiungibile in quanto la scala è crollata, vi sono ancora le impronte delle loro manine impresse nei muri.

Fuochi folli

Questa splendida villa che sorge presso Quartesana, durante il XIX secolo era sede di una lussuosa clinica per malati mentali di alto rango: solo i ricchi e i nobili si potevano permettere di ricoverare i propri partenti in questo “manicomio dorato”. Dopo circa 10 anni di fiorente attività, la clinica venne chiusa e l’edificio fu sgomberato e abbandonato per sempre; ufficialmente la causa di questa improvvisa chiusura era dovuta a problemi fiscali e debiti di vario tipo, ma ci sono altre voci che sostengono ben diverse motivazioni. Infatti, durante tutto il periodo in cui la clinica funzionò, si verificarono parecchi casi di suicidio sia tra i pazienti che tra il personale; inoltre si racconta che, dentro l’edificio e nell’enorme giardino circostante, capitarono altri fatti inquietanti, come rumori inspiegabili che provenivano dalla cantina, incendi improvvisi, fuochi fatui e “fenomeni luminosi” nei corridoi e tra gli alberi intorno alla casa. Ad ogni modo, la clinica fu chiusa e il cancello del giardino, ridotto ormai a un bosco di vegetazione impenetrabile, fu sbarrato per sempre.

La “Santeria” di Cuba:

qualcosa di più di una religione…..

A Cuba la “Santeria” è una dei misteri più affascinanti che unisce la variegata popolazione del caribe, composta da un crogiolo di razze e culture amalgamate da tempo in un popolo capace di sentire con forza la propria unità nazionale. Per capire a fondo la cultura cubana non è possibile prescindere dalla santeria e dai suoi rituali. È forse uno dei misteri più affascinanti che unisce la variegata popolazione del caribe, composta da un crogiolo di razze e culture amalgamate da tempo in un popolo capace di sentire con forza la propria unità nazionale. A Cuba è una bestemmia solo parlare di razzismo: creoli, bianchi, mulatti e negri convivono da sempre senza problemi e la santeria ha la sua parte di merito. È vero che l’intensità con la quale si pratica questa religione non è uniforme, infatti a Oriente (Santiago e Baracoa) la sua influenza è maggiore che a Occidente, così come nelle campagne la religiosità è più diffusa rispetto ai grandi centri urbani. Basta aggirarsi un po’ per i quartieri de

Cuba Caribbean FestivalL’Avana per rendersi conto che a Guanabocoa si praticano riti santeri in misura superiore rispetto ai quartieri centrali del Vedado e Miramar e che là dove la popolazione nera è in maggioranza la santeria ha una percentuale di pratica e diffusione notevole. E questo è abbastanza ovvio se solo si pensa alle origini di queste credenze. La santeria nasce nella Nigeria sud occidentale, la patria degli Yoruba, che in pieno XVII secolo furono deportati nel Nuovo Mondo come schiavi. Fu così che gli africani trasferirono a Cuba la loro pittoresca e variopinta mitologia che prese il nome di lucumì. Le divinità, chiamate orisha, ci ricordano molto da vicino gli dei dell’Olimpo greco, perché sono un coacervo di vizi e difetti umani. La stessa religione africana si diffuse nel resto dell’America centro – meridionale con diverse modificazioni. A puro titolo esemplificativo diremo che in Brasile dette vita al candomblé o macumba e ad Haiti al vudù. A Cuba il tratto fondamentale di quella che si chiamerà santeria è dato da una commistione e identificazione della mitologia lucumì con la iconolatria cattolica dei dominatori spagnoli. Gli schiavi africani si preoccuparono di occultare le loro pratiche magiche e religiose agli occhi degli spagnoli, che non sono stati mai un esempio di tolleranza. Fu così che gli orisha presero nomi dei santi cristiani e i riti magici yoruba andarono progressivamente a fondersi con le tradizioni della Chiesa cattolica. Ecco perché è appropriato parlare di sincretismo religioso a proposito della santeria, che oggi subisce pesantemente l’influenza del cattolicesimo. Quei santi che servivano inizialmente solo a mascherare la realtà di un culto che veniva dell’Africa, adesso sono una cosa sola e inscindibile con i rispettivi orisha. Al giorno di oggi non c’è santero che non si dica cattolico e che non sia battezzato. La necessità di un tempo si è trasformata in una religione nuova che non nasconde più niente a nessuno, ma è diventata un cattolicesimo sui generis, costretto a fare i conti con i riti venuti dall’Africa quattrocento anni fa. A Cuba la Chiesa non può che chiudere un occhio se vuole convertire e farsi accettare, perché qua non è possibile prescindere dalla tradizione. Ed è quello che sta facendo, come a suo tempo ha fatto il regime comunista, per impostazione culturale ostile a ogni culto religioso. La santeria è una religione terrena, un sistema magico – religioso dove ogni orisha si identifica con un aspetto della natura e trova il suo corrispettivo nella tradizione cattolica. Changò è Santa Barbara e governa il fuoco, il tuono e il fulmine, oltre a essere il simbolo del potere bruto, della passione e della virilità. Oshun viene raffigurata come Nostra Signora della Caridad del Cobre, la patrona di Cuba, e simboleggia le acque del fiume, oltre a essere riconosciuta come dea dell’amore, della fertilità e del matrimonio. Yemayà è associata a Nostra Signora di Regla, patrona de L’Avana e simbolicamente rappresenta il mare. A lei si rivolgono le donne in maternità per ricevere protezione. Elegguà si raffigura come Sant’ Antonio da Padova, ma per la tradizione santera è il bambino degli dei, imprevedibile e sconcertante. I suoi poteri sono enormi: apre tutte le strade e governa il destino, rendendo possibile ogni impresa. Obatalà è Nostra Signora della Misericordia ed è raffigurato come il creatore del genere umano. Oyà è Santa Teresa e simboleggia i venti, oltre a vigilare su cimiteri e fulmini. Oggùn si identifica con San Pietro ed è il patrono di tutti i metalli, proprio per questo protegge agricoltori, carpentiri, macella, chirurghi, meccanici e poliziotti e tutti coloro che lavorano con metalli o con armi metalliche. Abbiamo citato solo le divinità maggiori, per andare oltre non basterebbe lo spazio di un articolo, così come interessante sarebbe approfondire le leggende che si narrano attorno a ogni orisha. La mitologia che si è sviluppata nei secoli attorno alle singole figure non ha niente da invidiare quella classica di tradizione greco – romana. Gli orisha vengono propiziati con sacrifici, ma non sempre c’è bisogno di una vittima e di uno spargimento di sangue. Più frequentemente offrono frutti, fiori, candele o i cibi preferiti dagli orisha. Si ricorre a offerte più importanti solo se si devono risolvere problemi molto delicati e soprattutto si ricorre al sacrificio di sangue solo quando è a rischio la vita di una persona. Fissiamo un altro punto fermo dicendo che la santeria non è un culto o una pratica magica, come molti nel passato hanno tentato di liquidarla. I santeros sono soltanto la voce terrena degli orisha, così come i babalawos sono oracoli ancora più potenti, una sorta di sommi sacerdoti della santeria. Tutti parlano sempre per bocca dei santi e degli dei e tra loro è solo una questione di gerarchia e di potere. Il santero rispetta il babalawo e in caso di dubbio interpretativo chiederà sempre a lui una spiegazione esauriente. Il Dio supremo non manca a questa religione ed è chiamato Oloddumare, il creatore di tutti gli orisha, però l’elemento fondamentale resta il culto dei santi. La vita di ognuno di noi è governata da un orisha, una sorta di angelo custode che accompagna ogni azione dalla culla alla tomba e deve essere individuato prima possibile dall’interessato. La santeria si propaga e si diffonde per iniziazioni che a loro volta ne producono altre. Il neofita si dice che prende il santo e per un cero periodo (solitamente un anno) va in giro vestito di bianco, deve sottostare a certe proibizioni alimentari e, se si tratta di una donna, deve portare anche i capelli tagliati molto corti. Nel culto santero sono di fondamentale importanza gli spiriti dei morti, chiamati eggun, che vanno sempre onorati prima degli orisha. I defunti hanno bisogno di essere nutriti e per questo motivo in casa di un santero troverete sempre, nel bagno o dietro le porte, bacinelle di acqua, tazzine di caffè, bocconi di cibo, mazzi di fiori e candele votive. Ogni cerimonia rituale, detta rogacion de cabeza, si apre con l’invocazione e l’invocazione e l’offerta agli eggun e si svolge attorno alla boveda, un tavolino con sopra coppe per l’acqua e al centro una coppa più grande consacrata alla giuda spirituale del santero. Sulla boveda i santeri depongono fiori, sigari, rum, alcol aromatico (acqua di florida), dolci, cibo e caffè. A volte anche una rosa rossa e un crocifisso. La messa spirituale è una seduta pubblica in cui i partecipanti siedono intorno a un tavolo speso tenendosi per mano. Le cerimonie si svolgono dopo il tramonto e prima di iniziare ci si deve purificare con l’acqua di florida. Il santero parla con una lingua a metà tra l’africano e lo spagnolo, incomprensibile per chi non è iniziato. Invoca i morti con un bastone detto palo e prende le sembianze degli eggun che incontra nella stanza liberi di parlare e agire. La cerimonia è arricchita da preghiere in tutto e per tutto identiche a quelle che si recitano in una comune chiesa cattolica e si fanno anche offerte propiziatrici. Se c’è bisogno di divinare il futuro o di dare risposta a domande poste dai fedeli si ricorre a noci di cocco e a conchiglie, che vengono lanciate in aria e il loro modo di disporsi al suolo viene interpretato come segno di una ben precisa volontà. Concludiamo dicendo che non si può conoscere la santeria e apprezzarla in tutto il suo apparato tradizionale se non ci si cala nella mentalità cubana. La santeria non è solo una religione, ma uno stile di vita, un modo per conoscere il mondo circostante. È una religione fatta di elementi naturali, di mare, di fuoco, vento, sole e fulmine. Il mondo è un insieme di spiriti nell’incontro tra cattolicesimo e credenze africane. Il santero è un personaggio al quale si ricorre frequentemente per dare una soluzione ai problemi del quotidiano. È un guaritore e un divinatore del futuro, un oracolo e un preparatore di amuleti. Si va da lui con la stessa facilità con cui ci si reca da un medico e spesso lo si consulta quando la medicina tradizionale non ci dà speranza. La santeria è una religione piena di vita, cosi come piena di vita è la gente di Cuba, accompagna l’esistenza quotidiana senza obbligare i praticanti a rituali pesanti, inaccettabili per la mentalità locale. Non riesco ad immaginare un cubano intento a recitare preghiere buddiste ogni giorno alle stesse ore e mi è difficile anche vederlo in una chiesa cattolica tradizionale a sgranare il rosario. La santeria invece ben si attaglia alla mentalità del posto, perché è una religione fatta di riti che danno un posto importante a tabacco e rum. E poi talvolta anche una sbronza memorabile o una frenetica danza in compagnia di una bella ragazza può far parte del rituale evocativo. A Cuba possiamo assistere a spettacoli di danze affascinanti ispirate alla vita degli orisha.

Sciamanesimo, la trance

LA TRANCE SCIAMANICA

di Fabio Riva

“…Il nome ‘sciamano’ è di origine tungusa ed è giunto in occidente tramite la resa russa saman del termine tunguso. Non è da escludere che il termine tunguso sia a sua volta di origine sanscrita: tunguso saman< sansc. sramana- ‘asceta buddista’, sramanera- ‘monaco’, forse con mediazione cinese (sha-men?). Questa è la spiegazione dell’origine del termine oggi più o meno universalmente accettata…” (Marazzi, 1984:21).

Attualmente questo termine serve a designare l’operatore di pratiche, caratterizzate dal culto della natura e dalla cre-denza negli spiriti, che si riscontrano in tutte le parti del mondo.

Tecnici dell’Estasi.

In questo paragrafo analizzeremo, con i dati bibliografici a nostra disposizione, i tratti essenziali e distintivi dello scia-manismo.

In primo luogo emerge uno specifico comportamento estatico all’interno di un complesso magico-rituale.

“… In tutta quest’area immensa che comprende il centro e il nord dell’Asia, la vita magico-religiosa della società s’incentra sullo sciamano. Ciò non equi-vale certo a dire che egli sia il solo e unico manipolatore del sacro, né che l’attività religiosa sia totalmente mono-polizzata dallo sciamano… Tuttavia lo sciamano resta la figura predominante: perché in tutta questa zona ove l’espe-rienza estatica è considerata l’espe-rienza religiosa per eccellenza; lo scia-mano, e soltanto lui, è il grande maestro dell’estasi. Una prima definizione di questo fenomeno complesso, quella, forse, che, ancora, è la meno azzardata, po-trebbe essere: sciamanismo = tecnica dell’estasi …” (Eliade,1988:22).

Per Ugo Marazzi, l’estasi è il mezzo peculiare con cui lo sciamano instaura il suo contatto con le potenze soprannatu-rali.

“… La trance sciamanica costituisce un’estasi sui generis…Essa è composta da due esperienze diverse: la prima è co-stituita dal volo extracorporeo dello sciamano assistito dai suoi spiriti adiu-tori, la seconda viene attuata in loco attraverso le informazioni fornite allo sciamano dagli stessi spiriti…” (Marazzi , 1984: 13)

Le principali forme, o tipi fondamentali, di estasi sciama-nica possono, secondo Mastromattei R., essere ridotte a tre:

….

“1) La condizione estatica legata alla crisi, alla ‘chiamata’ da parte degli spiriti (o degli déi);

2) la condizione estatica in cui lo sciamano, ormai maturo ed esperto, si può trovare nel corso della sua vita senza essere osservato da alcuno;

3) la condizione estatica quale si presenta nel corso di riti aperti al pubblico… ” (Mastromattei, 1988:17).

In secondo luogo si ha un rapporto con alcune attività economiche, connesse in prima istanza con la caccia e la rac-colta, quindi con l’allevamento e, successivamente, con l’agri-coltura. Tale rapporto, per altro, viene istituito tra gli sciamani e gli spiriti con tratti teriormorfi, antropomorfi e demoniaci, non-ché con divinità propriamente dette, che presiedono a deter-minate sfere.

“… L’essenza stessa dell’ideologia sciamanica va ricondotta all’orizzonte concettuale del mondo dei cacciatori, a un mondo dominato dall’idea degli animali e degli spiriti zoomorfi. L’ideologia della caccia si riflette nelle idee della morte dello sciamano e della sua resurrezione ad opera degli spiriti alla fine del periodo di vocazione…” (Marazzi, 1984:12).

È l’osso, lo scheletro nelle culture dei cacciatori a simbo-leggiare la radice ultima della vita animale, la matrice da dove sorge continuamente la came. Gli animali e gli uomini rina-scono a partire dall’osso; essi permangono qualche tempo al-l’esistenza carnale, e, quando muoiono, la loro vita si riduce al-l’essenza concentrata nello scheletro, da dove nasceranno di nuovo.

“… Ridotti allo scheletro i futuri sciamani provano la morte mistica che permette loro di accedere, all’altro mondo, il mondo degli spiriti degli ante-nati, e di condividere la loro scienza. Essi non nascono di nuovo; sono rivivifi-cati, il loro scheletro è ricondotto alla vita con una nuova carne…” (Eliade, 1974:142).

Si tratta di un’idea religiosa nettamente distinta dall’ideologia degli agricoltori; questi ultimi vedono nella terra la sorgente ultima della vita e, di conseguenza, considerano il corpo umano come il seme che deve essere sotterrato per po-ter germogliare.

Mastromattei R. (1988), però afferma che parlare di nessi vincolanti e diretti, di tipo realistico, tra sciamanismo e attività economiche, ovvero caricare lo sciamanismo di preoccupazioni sociali immediate, significa forzare indebitamente il senso di tutte le testimonianze di cui si dispone.

In terzo luogo si ha un rapporto con la sfera della morte, che comprende ogni sorta di esseri extraumani, oltre alla co-munità dei morti dove lo sciamano esercitava la sua funzione di psicopompo.

“… Lo sciamano è lo psicopompo che accompagna l’anima del defunto nella sua nuova dimora. E’ questo il compito più importante presso certi gruppi tungusi, come i goldi del bacino del d’Amur, ed è uno dei principali presso gli altai, i nentsi (samoiedi) e i nanai (tungusi)…” (Marazzi 1984:10).

Tale funzione deriva dall’ambivalente comportamento dei membri del gruppo nei confronti dei defunti, caratterizzato da terrore per i morti recenti e da venerazione per quelli morti da un certo tempo, i quali diventano spiriti protettori della famiglia. L’accompagnare i defunti alla loro dimora è una precauzione presa per impedire il loro ritorno fra i vivi: non ancora aggregato ai trapassati, lo spirito dell’individuo morto di recente potrebbe infatti aggirarsi nel villaggio alla ricerca di parenti da condurre con sé.

L’attività terapeutica dello sciamano,

“… Che non e semplicemente un protome-dico … ” (Mastromattei, 1988:16).

appartiene a questa sfera: egli non tenta di curare le malattie come tali, ma quali conseguenze della perdita o del furto dell’anima. II recupero di quest’anima può implicare un volo verso i Cieli o una discesa agli Inferi da parte dello scia-mano e costituisce uno dei tratti caratteristici della sua perso-nalità.

“… Lo sciamano è il medico. Egli com-pie la diagnosi della malattia, a tal fine invocando gli spiriti. La malattia insorge per due ragioni principali: per-dita dell’anima e intrusione.

Con la perdita dell’anima, l’anima del malato abbandona il corpo e si perde o viene rubata dagli spiriti maligni, spesso quelli della morte. In caso di in-trusione, un oggetto, o uno spirito è pe-netrato nel corpo del paziente. Di solito con la perdita dell’anima si ha la per-dita parziale o totale della coscienza (coma, febbre, delirio ecc.); con l’in-trusione invece si hanno danni fisici e disturbi che non implicano alterazione della coscienza. Lo sciamano in caso di perdita dell’anima, viaggia in forma ex-tracorporea nell’altro mondo per cattu-rare l’anima del malato dagli spiriti che la trattengono… In caso di intrusione, lo sciamano invoca i suoi spiriti adiu-tori affinché lo aiutino a espellere l’oggetto o lo spirito penetrato nel ma-lato… ” (Marazzi , 1984: 10) .

In qualità di divinatore lo sciamano viene interpellato sia per chiarire fatti del passato poco conosciuti, sia per localizzare persone o oggetti smarriti, sia per vaticinare gli avvenimenti futuri. Tutte le decisioni del gruppo vengono filtrate attraverso la persona dello sciamano: incaricato di vagliare la disposizione degli spiriti, può acquistare un enorme peso politico.

In quarto luogo si ha la conoscenza e l’uso di un ricco retaggio mitologico, affidato in origine a una tradizione orale che si riflette e si esprime flessibilmente nel dinamico e creativo rituale sciamanico. Questo rituale viene celebrato in una con-dizione estatica di variabile intensità e durata e può implicare gravi rischi per lo sciamano.

In quinto luogo si ha, in particolare per lo sciamanismo asiatico, la presenza del motivo della lavorazione del ferro strettamente legata all’iniziazione del neofita, nonché ai suoi oggetti (parafernali) e attributi, che rivestivano grande impor-tanza nel rituale sciamanico. Questi aspetti banausici, tutt’altro che secondari – il candidato sciamano veniva dapprima smem-brato, poi ricomposto e forgiato da fabbri mostruosi per assu-mere la sua nuova identità – non potevano evidentemente es-sere stati presenti fin dalle origini, né si possono ritrovare presso tutte le culture sciamaniste.

In sesto luogo si ha un rapporto costante con la musica; è impossibile concepire una seduta sciamanica priva di mu-sica, o almeno di una qualche espressione ritmico-gestuale; appartengono alle competenze riconosciute agli operatori esta-tici la conoscenza dei gesti da compiere nelle diverse cerimo-nie oltre al contenuto dei canti d’accompagnamento alle azioni rituali.

Allo strumento sciamanico per eccellenza, il tamburo sulla cui pelle si ritrova il simbolismo dell’albero del mondo, l’axins mondi che permette il collegamento tra i tre stati cosmici (cielo-terra-inferi) in cui è suddiviso l’universo, viene attribuita una vera personalità e un suo arco vitale.

Analizzando il tipo di rapporto, che si instaura tra la mu-sica ritmica e percussiva del tamburo e lo scatenamento della trance, durante quella che costituisce generalmente la prepa-razione al viaggio estatico, quando cioè lo sciamano suona lo strumento, Rouget in “musica e trance” prende le distanze dalla prospettiva neurofisiologica che vede nello strumento in sé particolari capacita incantatorie: si riferisce, in particolare, alla teoria messa appunto da Neher , secondo la quale l’in-termittenza e la predominanza delle frequenze basse inne-scherebbero fenomeni di trascinamento (driving) dei ritmi alpha cerebrali, generando in tal modo atti convulsivi. Altrettanto infe-conde sembrano essere, secondo Rouget, sia la teoria elabo-rata da Herskovits , secondo la quale allo stimolo costituito dalla musica percussiva corrisponderebbe la trance come ri-flesso condizionato, sia l’ipotesi di Zempleni che connette le perturbazioni provocate dalla musica ad una autostimolazione vestibolare che conduce ad uno spossamento muscolare e ad un disorientamento spaziale estremo.

“… Se la drammatizzazione della mu-sica mediante accelerando e crescendo svolge molto spesso un ruolo importantis-simo nello scatenamento della trance, questa regola è lungi dall’essere asso-luta… ” (Rouget, 1966: 122).

Tale presa di posizione si basa sulla constatazione, in-confutabile, dell’assenza della trance in molte situazioni analo-ghe. L’azione del ritmo della musica percussiva sulla trance non è quindi riconducibile, secondo l’autore, al solo livello fisio-logico:

“… Tutto indica che i rapporti tra ritmo e trance sono da collocarsi sul piano della cultura e non già della na-tura…” (Rouget,1966:128).

È l’incorniciare l’emissione musicale in un rito entro il quale cadono le censure abituali a rivelarsi determinante: il messaggio musicale contestualizzato in una situazione rituale come la seduta, ha un impatto psicologico sul soggetto che di per sé si predispone alla trance e crea uno stato emotivo favo-revole al salto.

“… E’ nella misura in cui è espres-sione di una cultura che la forma musi-cale tocca o addirittura sconvolge… ” (Rouget, 1966:403).

Concordiamo qui con Rouget nella misura in cui assu-miamo che elementi di ordine psicologico e emozionale con-corrono insieme ad elementi di ordine fisiologico nel determi-nare lo stato di trance.

La spinta emotiva, culturalmente legittimata, connessa al significato della trance veicolata dal tamburo, permettendo la trasposizione del mondo mitico rappresentato sul piano dell’in-contrato, rendendo possibile il ritorno di un tempo e di uno spazio perduti.

II tamburo viene cosi a delinearsi secondo un enfatica, ma incisiva espressione di Schneider come:

“… L’altare sacrificale su cui l’uomo sacrifica la forviante molteplicità delle impressioni sensibili. riconoscendo nel ritmo puramente periodico la norma ultima e suprema a cui ogni evento mondano è sottomesso… Lo sciamano può intendersi allora come risonatore cosmico e il tam-buro stesso come microcosmo…” (Schneider, 1979).

 

Rituale sciamanico.

I rituali sciamanici diagnostici, terapeutici e divinatori nella forma a noi nota attraverso le testimonianze di numerosi informatori, viaggiatori, missionari, studiosi, nonché grazie alle descrizioni di sciamani, comprendono essenzialmente due aspetti, due momenti fondamentali:

a) un culto oggettivo in cui si rivolgono preghiere e sacri-fici a entità sovrannaturali, senza entrare in contatto in-timo con esse;

b) un culto di identificazione, in cui lo sciamano di fatto mima con particolare intensità tratti e comportamenti ca-ratteristici di tali entità. Questa fase travalica ampiamente i limiti della semplice impersonificazione a fini rituali o profani: secondo ogni evidenza, lo sciamano è solo par-zialmente libero di scegliere un ruolo interpretativo e di fatto impersona e mima figure e situazioni che gli si pre-sentano come visioni non dei tutto controllabili.

Un ruolo essenziale, specie nella fase di identificazione, è giocato dall’assistente, che può essere sia un apprendista o un semplice laico che, moderando e sorvegliando il comporta-mento estatico dello sciamano cerca di garantire il suo ritorno nella realtà quotidiana e comunitaria dopo il viaggio nel mondo degli spiriti.

Seduta sciamanica classica.

“… La seduta sciamanica (detta kamla-nie con un neologismo russo a partire dal termine qam ‘sciamano’, proprio dei tur-chi della Siberia meridionale) si arti-cola di solito, ma non necessariamente sempre, nelle seguenti fasi:

a) fase preparatoria;

b) invocazione degli spiriti adiuto-

ri;

c) viaggio sciamanico;

d) congedo dagli spiriti adiutori;

e) altre pratiche;

f) chiusura della kamlanie…”

(Marazzi , 1984: 17) .

Lo schema di una seduta sciamanica classica, con parti-colare riferimento alla condizione estatica, può essere il se-guente:

I) Decisione di organizzare la seduta, a seguito di uno scambio di idee tra sciamano e membri della comunità o di una risoluzione personale dello sciamano stesso.

II) Preparazione e messa in scena che comprendono:

a) l’eventuale scelta dell’animale sacrificale;

b) del luogo dove si celebrerà la seduta (di norma un’abitazione privata appartenente allo sciamano, o al paziente o una terza persona);

c) disposizione degli oggetti rituali o purificazione del luogo prescelto e dello stesso celebrante. Particolare cura è riservata alla preparazione del tamburo che viene scaldato e deumidificato, in modo da garantire una ade-guata sonorità;

Vestizione rituale dello sciamano.

Si attende il calar delle tenebre: lo sciamano allora si siede al posto a lui rigorosamente riservato e comincia a concentrarsi. Dopo un certo tempo comincia a suonare il tamburo e a oscillare col corpo, cantando (e non sempli-cemente recitando) le invocazioni agli dei o spiriti adiu-tori. II pubblico può ripetere, sempre cantando, queste formule.

Lo sciamano annuncia l’arrivo degli spiriti.

“… L’arrivo degli spiriti adiutori segna l’inizio della trance nel corso della kamlanie: essi portano messaggi dal mondo degli spiriti, essi assistono lo sciamano nel suo viaggio verso il regno soprannaturale. A volte lo sciamano li imita, a volte adombra la loro azione in-nalzando piccole immagini di legno (o al-tro materiale n.d.c.) che li ritraggono…” (Marazzi, 1984:11)

Quando ne mima vividamente comportamento e caratte-ristiche egli effettua: sibili, cinguettii, latrati, grugniti, movimenti striscianti, battiti di ali, un digrignare di denti, un grufolare e al-tro. L’intensità di questa imitazione, quale ci è descritta dagli osservatori, fa pensare che già in questo stadio lo sciamano ” non sia più sé stesso ”, sia in qualche modo fuori di sé, in quanto ha raggiunto una condizione, anche se non estrema, estatica.

Garantitasi la presenza dei suoi spiriti adiutori, lo scia-mano è pronto ad affrontare, se necessario, il viaggio nei cieli o negli inferi per recuperare l’anima rapita o per conferire con le divinità. Tale viaggio, sovente descritto come volo, si svolge secondo un tempo che potremmo definire onirico, in cui il per-corso di immensi spazi e l’accadimento di complessi eventi sono mimati dallo sciamano secondo ritmi obiettivamente con-tratti (ma a volte anche paurosamente dilatati). Il rapporto con lo spazio, con il cosmo sciamanico rappresentato con semplici mezzi quali legni, stoffe e altri oggetti variamente di-sposti, è naturalmente il medesimo.

Muovendosi in un area di pochi metri quadrati, lo scia-mano si può affaticare come se percorresse distanze incom-mensurabili. Le avventure dello sciamano e dei suoi spiriti adiutori, i loro violenti contrasti, le lotte con personaggi e po-tenze ostili, i patteggiamenti e gli accordi, vengono tutti mimati, danzati e cantati dallo sciamano, che può all’occorrenza pas-sare il tamburo all’assistente in alcune fasi della sua perfor-mance.

Questa mimesi si verifica in uno stato definito dagli stu-diosi come estasi o anche trance, a indicare che non si tratta di una semplice, seppure intensa, recitazione quale potrebbe es-sere quella di un ottimo attore, bensì di una condizione in cui lo sciamano è completamente isolato, sordo e cieco ad ogni sti-molo esterno ed esposto a gravissime conseguenze, quali turbe psichiche e fisiche inflittegli, in seguito alla possibile sconfitta, dalle potenze ostili.

La stessa anima dello sciamano può essere costretta ad abbandonare il suo corpo, ciò che viene rappresentato da uno stato di catalessi, che segue una fase mimico-coreutica di par-ticolare violenza e intensità. Questa mimesi della morte e della rigidità cadaverica è considerata pericolosa, se prolungata, e l’assistente si incarica di “segnalare” all’anima dello sciamano la strada di ritorno verso la terra.

Ogni singola seduta sembra ripetere e riattualizzare del-l’iniziazione e della morte simbolica, da cui lo sciamano rie-merge carico di poteri.

La narrazione delle avventure passate e costituita dalle frasi rotte e pronunziate con voce alterata dello sciamano a uso del suo assistente, dalle osservazioni di quest’ultimo da uno scambio di idee tra i due: non sembra costituita dal ricordo dello sciamano che presenta di norma una perdita, difficile a dirsi se rituale o reale, della memoria.

“… Un aspetto della seduta che me-rita particolare attenzione è la discon-tinuità della condizione estatica. Sa-rebbe difficile,. ma non impossibile, im-maginare una lunga seduta tutta celebrata al grado massimo dell’estasi: ciò che non risulta chiaro è se nella seduta sciama-nica classica si arrivasse effettiva-mente, in alcune fasi e momenti, a un grado zero dell’estasi, cioè se lo scia-mano tornasse occasionalmente del tutto in sé. L’osservazione degli Anastenaria della Macedonia, ci ha permesso di con-statare più volte che gli adepti possono passare senza alcuna soluzione di conti-nuità dalla danza sui carboni ardenti a comportamenti del tutto normali e quoti-diani, come il fumare una sigaretta, man-giare un gelato, giocare con un bambino, per poi con un balzo, saltare di nuovo sulle braci in uno stato di frenesia, giustamente definita bacchica…” (Mastromat-tei , 1988:24) .

Iniziazioni sciamaniche.

Analizzando le iniziazioni sciamaniche si riscontra che si diventa “uomini di conoscenza”:

1) per vocazione spontanea (la ‘chiamata sciamanica’ o

‘elezione’ da parte degli spiriti);

2) per trasmissione ereditaria della professione sciama-

nica;

3) per decisione personale o, più raramente, per volontà

del clan.

Presso i Siberiani, colui che è chiamato a diventare sciamano si rende singolare con un comportamento strano: cerca la solitudine, diventa sognatore a occhi aperti, ama giro-vagare in boschi e luoghi deserti, ha visioni e canta durante il sonno.

A volte questo periodo di incubazione è caratterizzato da sintomi abbastanza gravi: presso gli latuci succede che il gio-vane diventi furioso e perda facilmente coscienza, si rifugi nelle foreste, si nutra di cortecce d’albero, si getti nell’acqua e nel fuoco, si ferisca con coltelli. I futuri sciamani tungusi , all’avvi-cinarsi dell’età adulta, attraversano una crisi isterica o isteroide: il ragazzo fugge sulle montagne e vi resta sette giorni o più, nutrendosi di animali che egli sbrana direttamente con i denti.

Quando si tratta di sciamanismo ereditario, le anime degli sciamani-antenati scelgono un giovane della famiglia; costui diventa assente e sognatore, cerca la solitudine, ha vi-sioni profetiche e, occasionalmente, attacchi che gli tolgono la coscienza. In questo periodo pensano i Buriati , l’anima del giovane è portata via dagli spiriti: accolta nel palazzo degli dèi viene istruita dagli sciamani-antenati sui segreti del mestiere, sulle forme e nomi degli dèi, sul culto e i nomi degli spiriti.

L’ereditarietà del potere sciamanico, cioè la trasmissione dei “poteri” di uno sciamano ancora vivo a suo figlio, era di re-gola fra le tribù degli Altopiani (Nord America), Thompson, Shuswap, Okanagon del sud, Klallam, Naso Forato, Klamanth, Tenino e la si incontra, ora, tra gli Hupa, i Chimariko, i Wintu e i Mono occidentali. La trasmissione degli “spiriti” costituisce sempre la base di questa ereditarietà sciamanica, a differenza del metodo più corrente che s’incontrava un po’ dappertutto fra le tribù nordamericane, di assicurarsi gli spiriti o con una ri-cerca volontaria oppure in sogno.

A tale proposito evidenziamo lo studio di D’Andrade sull’uso dei sogni per conseguire e controllare poteri sopranna-turali. L’autore fa notare che, sulla base della letteratura etno-grafica, non sempre è possibile distinguere tra sogni, stati pro-vocati dalla droga, visioni indotte con altri mezzi e relative con-dizioni. L’analogia tra stati di trance e sogni, che sono entrambi esperienze private e interiori, è grande, e in termini culturali non di rado essi sono intercambiabili e usati in Presso i Sioux, la ricerca solitaria della visione si verifica in seguito a giorni di isolamento e di digiuno, tra i Cheyenne, l’ “apparizione” dello spirito guardiano viene sollecitata, con mortificazioni e auto-torture, dal candidato.

Si può diventare sciamani anche in seguito a un inci-dente o un avvenimento insolito, come presso i Buriati, i Soioti quando si è colpiti da un fulmine o tra gli Iglulik in se-guito al ferimento da parte di un tricheco, eventi che vengono interpretati come segno di elezione da parte degli spiriti.

In tutti i casi, comunque, è la trance ad assicurare al candidato il futuro di sciamano; e le diverse vie di accesso a quest’ultima, quali l’ingestione di sostanze psicotrope, training di digiuno sofferenza fisica o “malattia iniziatica” si equival-gono come fattori attivanti che portano a determinare lo stato di shock indispensabile al passaggio.

E’ la visione estatica a rappresentare la prova della “vocazione” e quindi il criterio di selezione del candidato.

La visione iniziatica contiene l’esperienza della morte del neofita; la possibilità di contemplare lo smembramento del proprio corpo trova riscontro, oltre che nelle religioni primordiali, anche nelle correnti mistiche superiori come vertice di un’ascesi mirante al distacco totale dalla condizione terrena; vedersi morti è cioè l’acme di un processo di riduzione della vita aIIa propria essenza, una morte simbolica che condivi-dendo con i riti di passaggio la funzione essenziale di cancel-lare ciò che costituisce il passato dell’individuo, rende possibile il risorgere del virtuale sciamano a un livello “nuovo” di esi-stenza.

Secondo un ragguaglio iacuto, gli spiriti portano il futuro sciamano agli Inferi e lo chiudono tre anni in una casa. Qui egli subisce l’iniziazione: gli spiriti gli tagliano la testa e la depon-gono li accanto (perché il novizio deve assistere di persona al proprio smembramento), poi lo tagliano a brandelli, che ven-gono in seguito distribuiti agli spiriti delle diverse malattie. Sol-tanto a questa condizione lo sciamano otterrà il potere di gua-rire. Le ossa sono poi ricoperte di carne fresca e, in alcuni casi, gli si immette anche del sangue nuovo. Uno sciamano tunguso raccontò che durante la sua malattia iniziatica gli antenati sciamani l’avevano trafitto con frecce fino a fargli perdere cono-scenza e cadere a terra; qui gli tagliarono la carne, gli cavarono le ossa e le contarono. Una donna teleuta diventò sciamano dopo aver avuto la visione di uomini sconosciuti che le taglia-vano il corpo a pezzi e la cuocevano in una pentola.

Durante l’iniziazione dello sciamano araucano , il mae-stro convince gli astanti che egli cambia la lingua e gli occhi del neofita e gli trafigge il ventre con una bacchetta. Presso gli In-diani di River Patwin, l’aspirante alla società Kuksu ha l’ombelico trapassato da una lancia e da una freccia da parte di Kuksu in persona; egli muore e risorge per mezzo di uno sciamano. Presso i sudanesi dei monti Nuba , la prima con-sacrazione iniziatica si chiama “testa”, perché “si apre la testa del novizio affinché lo spirito vi possa entrare”. Presso i Daia-chi , i vecchi manang affermano che essi tagliano la testa dell’aspirante, gli tolgono il cervello e lo lavano per dargli un’intelligenza più limpida. In Australia, presso le tribù del de-serto sud-occidentale, il candidato è “ucciso” da un Essere so-prannaturale, eroe del Tempo del Sogno, che compie poi de-terminate operazioni chirurgiche sul suo corpo inanimato: fa-cendogli un’incisione addominale, gli toglie gli intestini sosti-tuendoli con altri, nuovi, con l’aggiunta di sostanze ritenute magiche, quali conchiglie e cristalli di quarzo.

Questi esempi mostrano come la trance iniziatica si strutturi secondo lo schema fondamentale dei riti di iniziazione:

“… 1) tortura per mano dei demoni e degli spiriti, che svolgono il ruolo di “maestri dell’iniziazione”;

2) morte rituale, sperimentata dal paziente come una discesa agli Inferi (accompagnata a volte da una ascen-sione al Cielo);

3) risurrezione a un nuovo modo d’es-sere: quello di un uomo consacrato, cioè capace di comunicare personal-mente con gli dei, i demoni e gli spiriti… ” (Eliade, 1974:140).

II ruolo degli spiriti (antenati sciamani, demoni) cosi come intervengono nella fase iniziatica, i quali si manifestano (allucinazione) a un soggetto impotente e passivo , è quello di rendere possibile il viaggio iniziatico, fungendo da tramite tra il candidato e le divinità soprannaturali.

Nelle trance successive, in seguito a un addestramento, il neofita imparerà a controllare da un lato, la “crisi” in sé (tempi e modi) e dall’altra, in parte, i contenuti stessi; “vedere gli spi-riti” è una facoltà che gli apprendisti sciamani potenziano e af-finano durante lunghi periodi.

“… Uno sciamano è riconosciuto tale soltanto dopo aver ricevuto una duplice istruzione:

1) di ordine estatico (sogni, vi-sioni, trance, ecc.);

2) di ordine tradizionale (tecniche sciamaniche, nomi e funzione degli spiriti, mitologia e genealogia del clan, linguaggio segreto, ecc.).. ” (Eliade, 1974b:32).

Dopo i primi episodi estatici, i novizi si ritirano con i “vecchi maestri” che si assumono il compito di dotare i neofiti degli strumenti tecnici e del bagaglio culturale necessari alla professione sciamanica. Il contatto con i vecchi sciamani è im-portante anche perché permette la circolazione dei “poteri”,

“… Per trasmettere il suo potere a un discepolo, lo sciamano apinayé si stro-fina le braccia e la parte più alta del corpo e poi ripete l’operazione sul suo candidato…” (Metraux, 1971:103).

Le “lezioni”, tenute in luoghi appositamente scelti, ver-tono, da una parte, sul sostrato mitico del gruppo di apparte-nenza: in qualità di depositario della storia della propria cultura, il futuro sciamano deve essere messo a conoscenza dei miti cosmologici e genealogici, dei diversi nomi e delle diverse fun-zioni degli spiriti; e dall’altra su elementi specialistici, quali: farmacopea, nozioni per la costruzione dei parafernali e cono-scenze tecniche per innescare e controllare la trance.

 

“… Parte integrante del periodo di iniziazione sciamanica, che si svolge sotto la guida di uno sciamano anziano, è l’apprendimento della ‘lingua segreta’ di cui egli si servirà per comunicare con gli spiriti. In tale ‘lingua segreta’ rientrano, oltre ad una tradizione lessi-cale autonoma dalla lingua corrente e ca-ratterizzata dall’esoterismo proprio a tutta l’iniziazione sciamanica, i canti, gli scongiuri, le grida degli animali e i rumori delle forze della natura nonché il comportamento di coloro che parlano que-sta lingua, cioè gli spiriti, soprattutto nel loro aspetto zoomorfo…” (Marazzi, 1984: 16).

La posizione centrale occupata dall’apprendimento dei canti durante il noviziato e da connettersi al fatto che il canto costituisce uno degli strumenti terapeutici più importanti utiliz-zati dal medicine-man. E’ importante ricordare che ciò che dei canti viene trasmesso è solo il nucleo di base, lasciando all’im-provvisazione del neosciamano le parti di contorno. Come sot-tolinea Marazzi per l’area siberiana:

“… Intorno ad un tema centrale, tramandato di sciamano in sciamano, si esercita la libera creazione dello scia-mano ‘ispirato’ dagli spiriti in modo di-verso a seconda della circostanza nella quale si trova a operare…” (Marazzi, 1984:27).

Inoltre la versione personalizzata dei testi sciamanici o addirittura l’apporto di nuovi elementi era considerata, come sottolinea Shirokogorov (1935:335), opera di “grandi scia-mani”, mentre la pedissequa aderenza al testo veniva interpre-tata come segno di decadimento del potere personale del “signore degli spiriti”.

Questa duplice istruzione, assicurata dagli spiriti e dai vecchi maestri sciamani, costituisce l’iniziazione. Il novizio viene ritenuto idoneo alla professione sciamanica nel momento in cui dimostra di saper volontariamente passare dallo stato di veglia a quello di trance e di possedere il controllo di un certo numero di spiriti; numero che dipende primariamente dall’arti-colazione, interna al gruppo, dal complesso di credenze circa le forze che governano la natura e dall’esperienza stessa dello sciamano. Come riporta Shirokogorov:

“… Presso i Tungusi della Manciuria il bagaglio di spiriti considerato suffi-ciente per iniziare la carriera sciama-nica comprendeva solo cinque o sei spi-riti, mentre alla fine di una buona car-riera il numero poteva salire fino ad abbracciare tutti gli spiriti ricono-sciuti dal gruppo, circa cento…” (Shirokogorov, 1935:272).

L’esame avviene di solito alla presenza del solo maestro, ma a volte, la consacrazione del nuovo sciamano è pubblica e comporta un rituale ricco e movimentato come fra i Buriati, i Goldi, i Altaici, i Tungusi, i Manciu, fra Araucani del Cile o i Huichol del Messico. Ma l’assenza di un rituale di questo ge-nere non implica affatto l’assenza dell`iniziazione: questa può benissimo, come si è visto, avvenire nell’esperienza estatica del neofita.

 

Summary:

THE SHAMANIC TRANCE

by Riva Fabio

The “shaman” is a man that in all the primtive cultures and religions, mediates the relations between divinity and the people.

Tipically, the shaman lives ecstatic experiences which are the key to access to the communication with the divinity.

The shamanic trance (ecstasy) shows the moments: the first is an out-of-body experience, the second is the collection of information from the “spirits” during the ecstasy.

The shamanic trance may be spontaneous, but more often is obtained during religious rituals.

These rituals are linked with economic activities, for examples the hunt and the harvesting, or the treatment of disesases.

In fact, in primitive culture, the shaman is also a “physician” and he knows the use of medicinal plants.

Yet, in shamanic culture, the disease is primarily due to some “spell” wich requires the intervention of spirits to obtaine the recovery.

Likewise, the spirit can control a variety of occurrences in the community (the hunt, the harvesting, the war, the famines, the diseases and so on…).

In this perspective, the shaman accomplishes an important task in the primitive community.

The shamanic initiation can be obtained by spontaneous vocation, or by hereditary transmission of the profession.

The ecstatic experience is generally reached using the percussive and rhythmic music of drum.

The low frequencies of sound could cause a “driving” of the cerebral alpha and theta rhythms, and a spatial disorentation. During the ecstasy (or trance), several psi experiences or abilities could easy emerge (clairvoiance, telepathy, precognition…).

It is very probable that the best shamans are those showing conspicuos psi abilities, so the legends about the “magic powers” of shamans could be interpreted in terms of psi abilities.